Un burattinaio dietro al presidente. Report colpisce ancora Fontana. Il forzista Caianiello sarebbe l’uomo ombra del governatore. Ma il capo del Pirellone nega e minaccia querele

Passano le settimane ma non i guai che coinvolgono, in modo più o meno diretto, il governatore Attilio Fontana. Dopo la lunga pausa estiva, la trasmissione Report è tornata all’assalto del Pirellone sviscerando la vicenda dei camici e trovando nuovi spunti investigativi. Già perché dietro allo scandalo della fornitura di 75mila dispositivi di protezione individuale, affidata senza gara ma con una negoziazione diretta del valore di 500 mila euro alla società del cognato Andrea Dini e della moglie di Fontana, in queste ore starebbe emergendo anche un sistema di potere che da anni avvolgerebbe la Lombardia. Un mondo oscuro fatto di appalti truccati, nomine pilotate e addirittura, sempre secondo la trasmissione Rai diretta da Sigfrido Ranucci, infiltrazione della ‘ndrangheta.

Alla base di questo sistema, da cui emerge una presunta rete di corruzione messa in piedi tra Varese e Milano, torna un nome già noto alle cronache giudiziarie ossia quello di Nino Caianiello. Si tratta di una delle eminenze grigie più potenti della Lombardia, soprannominato il Mullah e legato a Marcello Dell’Utri, che secondo Report avrebbe svolto un ruolo di consigliere occulto del governatore Fontana nella formazione della giunta regionale come testimoniato anche da un’intercettazione tra i due politici. Uno scenario, quello vissuto all’ombra del Pirellone, in cui la ‘ndrangheta avrebbe trovato terreno fertile tanto che, ormai da diverso tempo, parteciperebbe alle decisioni di giunte comunali, alla nomina di sindaci e senza neanche tentare di nascondersi. Insomma un sistema di poteri che lo stesso giornalista Ranucci ha spiegato raccontando che “uno pensa che se eleggi e voti un rappresentante, poi quando si siede in Assemblea quest’ultimo sia il tuo rappresentate” ma “in realtà è più facile che sia il terminale di un filo, o di una ragnatela, tessuta altrove”. Prima ancora della messa in onda della puntata, il presidente della Lombardia ha tenuto a difendersi.

DIFESA A OLTRANZA. Proprio in relazione alle presunte pressioni ricevute, seppur in via indiretta, dalla ‘ndrangheta, Fontana si è detto sgomento: “Queste sono illazioni vergognose fatte per suggestioni ed inaccettabili. Mi riservo comunque di agire sia in sede penale che in sede civile”. Sempre secondo il leghista tutto ciò è stato fatto “perché hanno già cavalcato il cosiddetto caso dei camici. Per citare Stalin, pensano di affondare il coltello nel ventre, ma non trovano un ventre molle, trovano l’acciaio”. Che le inchieste iniziano a pesare, però, appare sempre più evidente. Il governatore, infatti, ieri ha spiegato anche che la crociata di giornali e tv “prevede due obiettivi appetitosi: provare a mettere nel mirino la Lega e tentare di prendere la Lombardia che con il voto democratico non riescono a vincere e per questo tentano altre strade”.

A riprova di ciò ci sarebbe l’eccessivo accanimento iniziato sin dall’esplosione della pandemia in cui sono spuntate come funghi le inchieste, tanto giornalistiche quanto giudiziarie, che hanno puntato il dito su presunte irregolarità e inefficienze del Pirellone. Un lungo elenco di scandali – o presunti tali – che hanno messo nel mirino l’affaire camici, l’accordo per i test sierologici affidato alla Diasorin, i decessi nelle residenze per anziani e la mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo. Inchieste a cui si aggiungono, tra le tante, anche quelle sul caso dell’ospedale realizzato nella Fiera di Milano e rimasto sostanzialmente inutilizzato e perfino il caso delle mascherine mancanti.