Un decreto per sospendere la Riforma Cartabia. O sarà il caos nei tribunali

Parla il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia: "Troppe riforme, serve una moratoria".

Mancano una manciata di giorni all’entrata in vigore del decreto che completa la riforma penale dell’ex ministra Marta Cartabia. Oltre alle norme con effetti immediati, come quelle sulla contestata improcedibilità, il testo che è stato approvato nel 2021 delegava al governo il compito di dettagliare gran parte delle nuove regole per i processi. Sono diverse le novità che entreranno in vigore da mercoledì prossimo.

Certo è che avrà da subito una conseguenza molto impopolare, di cui rischia di fare le spese il suo successore Carlo Nordio. A destare preoccupazione è in particolare il fatto che all’entrata in vigore la nuova legge si applicherà da subito ai procedimenti in corso.

Riforma Cartabia, parla il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia: “Troppe riforme, serve una moratoria”

Così le indagini e i processi per reati come furti, truffe, lesioni stradali diventeranno perseguibili soltanto se la persona offesa chiederà esplicitamente all’autorità giudiziaria di indagare. E anche tutte le misure cautelari già disposte decadranno immediatamente. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, ha le idee chiare.

Il 2 novembre entrerà in vigore il decreto delegato che completa la riforma penale di Marta Cartabia. Secondo i 26 procuratori generali che hanno chiesto un intervento urgente al Guardasigilli, in mancanza di una norma transitoria che chiarisca come procedere sui fascicoli aperti ante-riforma, si rischia il caos giudiziario. Come si è arrivati a questo punto e come se ne esce?
“Ancor prima dei ventisei procuratori generali è stata l’Associazione nazionale magistrati a evidenziare il problema e a chiedere un provvedimento normativo di urgenza per una compiuta disciplina transitoria e per un più ampio periodo di cd. vacatio legis, di sospensione dell’entrata in vigore della riforma, per consentire agli uffici giudiziari di adattarsi organizzativamente al nuovo. Lo abbiamo fatto con un comunicato del 19 ottobre scorso e due giorni fa abbiamo investito del problema direttamente il ministro della Giustizia con una lettera”.

Procedimenti, anche per reati molto gravi, rischiano di andare in fumo. Cosa si aspetta che faccia il nuovo ministro della Giustizia?
“Il ministro dovrebbe farsi promotore di un decreto-legge per regolare l’applicazione delle nuove norme nella fase transitoria e appunto per sospendere almeno di qualche mese l’entrata in vigore della riforma”.

Dalla mezzanotte del primo novembre, senza un intervento, le misure cautelari già disposte decadranno immediatamente: ladri e altri detenuti lasceranno il carcere o i domiciliari per tornare a piede libero. C’è un’emergenza dietro l’angolo?
“Questo mi sembra un allarme ingiustificato, almeno nei termini in cui è posto. Ci saranno forti difficoltà organizzative e disorientamenti interpretativi ma non credo che potranno avere immediato effetto sul versante cautelare. Si è diffusa la voce che la trasformazione da reato procedibile d’ufficio a reato procedibile a querela di alcune ipotesi di furto possa comportare, al momento di entrata in vigore della riforma, che qualche soggetto accusato di furto e ristretto cautelarmente per tale addebito sia rimesso immediatamente in libertà per mancanza della querela. Sul punto posso parlare a titolo strettamente personale, e osservo che, a mio parere, la situazione è stata regolata transitoriamente con una apposita disciplina, il che dovrebbe scongiurare il pericolo paventato”.

Il ministro Nordio ha annunciato che intende procedere alla riforma della Giustizia partendo dalle depenalizzazioni. È il primo passo da compiere?
“Sarebbe ottima cosa. Una depenalizzazione ridarebbe fiato al sistema penale, ingolfato da molti, troppi reati. In non pochi hanno nel passato tentato la strada della depenalizzazione, ma con scarsi risultati. Auguriamo al Ministro Nordio maggior fortuna. Nel nostro Paese è molto difficile attuare serie politiche di depenalizzazione, perché si è fatta strada l’idea che eliminare l’incriminazione penale, anche se in riguardo a fatti di non particolare allarme, equivalga ad un abbassamento del livello di protezione sociale. Idea sbagliata e che non si fa carico del fatto che un sistema penale inutilmente ingolfato è esso stesso causa di inefficienze e quindi di risposte tempestive ed efficaci al bisogno di protezione dei dritti delle persone e in generale del diritto alla sicurezza”.

Si punta all’abolizione dell’abuso d’ufficio. Qual è la posizione dell’Anm al riguardo?
“L’Anm non ha maturato una posizione sul punto. Io mi limito a ricordare che appena qualche anno fa il reato è stato fortemente ridimensionato nella sua portata applicativa. Eliminarlo del tutto non mi sembrerebbe saggio”.

Nel programma del centrodestra c’è anche la separazione delle carriere dei magistrati a cui l’Anm è da sempre contraria. Quali rischi vedete insiti in questa riforma?
“Purtroppo, la riforma Cartabia ha già in gran parte realizzato la separazione delle carriere. Se si percorrerà ancora questa strada il rischio sarà quello di giungere prima o poi (non molto poi) al controllo politico sui pubblici ministeri, che tutti o quasi a parole dicono di non volere. Creare un corpo di pubblici ministeri totalmente separato condurrà inevitabilmente a interrogarsi sulla opportunità di un controllo politico sull’azione penale”.

Mettendo insieme le riforme in arrivo a quelle già attuate, a partire dall’improcedibilità introdotta dalla riforma Cartabia, che futuro vede per la giustizia penale?
“Credo che occorrerebbe una moratoria. Non si può intervenire di continuo sul sistema normativo e poi pretendere che chi le norme deve applicare lo faccia presto e bene. Un cantiere normativo sempre aperto è di per sé fattore di appesantimento dell’azione di quanti le norme devono interpretare ed applicare”.