Un ministero pachiderma. Il girone dantesco dei Trasporti, tra carrozzoni e clientele che succhiano 13 miliardi

di Stefano Sansonetti

Un ministero gigantesco, all’interno del quale si annidano carrozzoni e inefficienze di ogni sorta. Anche per questo il dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la cui immagine è stata appannata dalla recente inchiesta di Firenze sulle grandi opere, si rivela un brodo di coltura di grandi e piccole posizioni di potere che rischiano di rendere la macchina “opaca”. Il dicastero, dal cui vertice si è appena dimesso Maurizio Lupi, vanta un bilancio attraverso il quale nel 2015 transiteranno qualcosa come 13,2 miliardi di euro. In più la struttura mette bocca in un calderone in cui ci sono enti pubblici, enti privati, società e autorità cosiddette “indipendenti”. Tra gli enti pubblici vigilati dal ministero, per esempio, ci sono l’Aeci (Aero Club d’Italia), l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, le Autorità portuali (ben 24) e l’Enac (l’Ente nazionale per l’aviazione civile).

IL PANORAMA
In queste situazioni, tra l’altro, il dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha quasi sempre il potere di nominare i vertici. Si pensi all’Enac. Qui ancora oggi è presidente Vito Riggio, ex deputato Dc, nominato commissario dell’ente per la prima volta dall’ex ministro berlusconiano Pietro Lunardi nel lontano 2003. Un inamovibile in piena regola. E che dire delle autorità portuali? In Italia in questo momento ce ne sono 24 e i loro presidenti vengono nominati proprio dal ministero dei Trasporti. Senza contare che le cronache più o meno recenti hanno dimostrato come spesso e volentieri a capo dei porti, da cui peraltro dipende un multiforme universo di società partecipate, vengano piazzati profili “politici” che magari sono stati trombati a qualche elezione e vengono così prontamente riciclati. Ma il dicastero detiene anche partecipazioni in alcune società controllate. Ha il 100% delle ferrovie Appulo-lucane (183 chilometri tra Puglia e Basilicata), il 100% della Ferrovia Circumetnea (110 chilometri in Sicilia) e il 100% delle Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici (474 chilometri nelle province di Bari, Brindisi, Lecce, Taranto). In più dal ministero dipende la Gestione navigazione laghi Maggiore, di Garda e Como, una sorta di azienda di Stato che gestisce appunto la navigazione nei tre bacini.

GLI ALTRI
Ma il dicastero, nel quale fino a poco tempo fa comandava il grand commis Ercole Incalza, finito nel ciclone dell’inchiesta di Firenze, vanta pure il potere di vigilanza sull’Enav, la società che si occupa della gestione del traffico aereo. Al momento, in attesa del rinnovo di una cda a pieni ranghi che manca dalla bellezza di 6 mesi, la società è affidata a un consiglio di “transizione” guidato da Maria Teresa Di Matteo, che fa proprio il vicecapo di gabinetto ai Trasporti. Ancora, il ministero esercita un potere di controllo e vigilanza tecnica sull’Anas, il gestore della rete stradale e autostradale (anche qui con un incredibile corredo di partecipate) guidato da un altro inamovibile come Pietro Ciucci. Insomma, intorno al ministero gira un’infinità di satelliti, con tutti gli appetiti e le inefficienze che questi possono scatenare.

Twitter: @SSansonetti