Un Paese prigioniero dell’incertezza

di Gaetano Pedullà

Siamo un Paese dove un errore tipografico ha trasformato la certezza (della pena, del diritto, dello Stato) nel massimo dell’incertezza. Guardiamo la storia dei due pericolosi criminali messi in carcere, poi liberati e ieri ripresi… un gioco stile guardie e ladri la cui colpa non è tanto dei detenuti (nel loro ruolo c’è implicitamente il tentare l’evasione) quanto di un’amministrazione penitenziaria al collasso per eccesso di imboscati. Negli istituti, affollati e inumani come lager, mancano all’organico 7 mila guardie carcerarie. Ma sono quasi 7 mila gli agenti distaccati altrove, dai ministeri alle scorte. In questo caos si sta per rimettere in libertà 3 mila detenuti. Non ci sarà da meravigliarsi se nel mazzo finirà di tutto. Ma in questo strano gioco, dove prima si corre in avanti e poi si fa marcia indietro, nessuno batte politici e magistrati. Nella prima categoria, Palazzo Chigi con la legge di stabilità potrebbe vincere facilmente il campionato. Prima si promettono le risorse per tagliare il costo del lavoro e poi spariscono; prima si cancella l’Imu e poi la casa si tartassa più che mai: prima si riducono i trasferimenti ai Comuni e poi si rimette sul piatto quel che manca: la manovra è un’antologia dell’indecisione. Se non fosse per Renzi che prima promette di rottamare i “vecchi” del suo partito e poi offre a Cuperlo (leggi D’Alema) la presidenza del Pd, Enrico Letta sarebbe inarrivabile. Ma è nell’altra serie – i magistrati – che si gioca il meglio di Liga, Bundesliga e Premier League messe insieme. L’ultima perla è di ieri sera. La Cassazione ha annullato il sequestro di 8 miliardi di euro al gruppo Riva (quelli dell’Ilva di Taranto). Su uno dei sequestri più pesanti della storia d’Italia, con ricadute immense su migliaia di persone lasciate a casa senza lavoro, un giudice blocca un tesoro e un altro restituisce il malloppo. Non è l’unico caso, purtroppo. Ci fosse un trofeo dell’incertezza, nessuno ne avrebbe più diritto dei nostri giudici.