Un video o un tweet non bastano a fare un leader. Ascesa e caduta della Serracchiani, il prototipo della politica youtuber

Serracchiani, diventata nota grazie a un discorso diventato virale su YouTube, ha iniziato una rapida fase calante. Ed è ora invisa a sinistra.

Un discorso pubblico, ripreso da telecamere o anche solo uno smartphone, che diventa virale grazie a YouTube. Portando un’improvvisa fama nazionale grazie ai nuovi media. Così è iniziata la scalata politica di Debora Serracchiani, eletta prima presidente della Regione Friuli Venezia Giulia – mentre il suo partito annaspava in difficoltà sull’elezione del Presidente della Repubblica – e poi nominata vicesegretaria del Pd insieme al renziano Lorenzo Guerini. Il 21 marzo 2009 Serracchiani parlò in maniera schietta all’allora segretario Dario Franceschini, appena subentrato al dimissionario Walter Veltroni. L’intervento fu uno straripante successo di visualizzazioni. A distanza di otto anni, la stella di Debora è decisamente appannata: “La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza”, ha detto, scatenando una bufera. Tanto che qualcuno ha ironizzato sul suo passaggio alla Lega con queste affermazioni, arrivate dopo lo stupro subito da una ragazza di Trieste da parte di un rifugiato iracheno. Soprattutto a sinistra la governatrice friulana è stata subissata di critiche: proprio lei che, per un periodo, era vista come una risorsa per una “nuova sinistra”.

Parabola discendente – Eppure Serracchiani era il prototipo della politica youtuber, lanciata nell’olimpo della politica con uno stile comunicativo giovane. Un intervento sferzante, l’immagine fresca ed ecco che arriva il successo. Ma se il percorso dell’ascesa è racchiuso in un video, la capacità di dimostrarsi leader è un’altra storia. Perché avrebbe richiesto una preparazione più solida: non può bastare un filmato virale, né tantomeno qualche battuta esilarante sul web. Un altro simbolo del “leader social”, Alessandro Di Battista, ha dimostrato che saper smanettare su Facebook e Twitter non significa per forza essere pronti ad affrontare tutte le insidie. Durante un’intervista televisiva ha lanciato l’idea della gratuità dei vaccini. E, ironia della sorte su Twitter, la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha ricordato che il servizio già ora non prevede alcun pagamento.

Figuracce – Al di là degli infortuni mediatici di Dibba e della Serracchiani, l’esperienza di questa legislatura ha fornito un insegnamento chiaro: la comunicazione affidata direttamente al politico è un’arma molto pericolosa. L’ultimo esempio in ordine cronologico riguarda il deputato del Movimento 5 Stelle, Massimo Baroni, che ha postato la denuncia di un presunto complotto di “sporcatori” a Roma per creare problemi alla sindaca Virginia Raggi. L’esponente pentastellato si è reso conto che era un bufala, cancellando tutto e scusandosi con i suoi contatti. Intanto la figuraccia era ormai consumata. E Baroni sarebbe in buona compagnia, il problema non è soltanto suo. Ma quello di una politica che punta al “colpo di visibilità” sul web. La strategia, però, alla lunga tradisce un fatto: non essere davvero pronti a essere classe dirigente.