Una citofonata ti rovina la vita. Salvini l’ha fatta davvero grossa. Il tunisino accusato da Matteo di spacciare si sfoga in Tv: “Così il Capitano mi ha segnato per sempre in 5 minuti”

Che Matteo Salvini abbia sbagliato totalmente la campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia Romagna – una campagna aggressiva e fuori sincrono rispetto al territorio, alle sue esigenze e aspettative – è cosa nota, i risultati parlano chiaro. Stavolta il format della Bestia ha toppato: dalla strumentalizzazione dei tragici fatti di Bibbiano allo slogan “liberiamo l’Emilia Romagna e poi andiamo a prenderci il Paese” in un territorio che ha forti nel suo Dna i valori della liberazione dal nazi fascismo (non a caso il giorno della chiusura della sua campagna elettorale Stefano Bonaccini ha deposto una corona a Marzabotto, cittadina simbolo della Resistenza), è stato tutto sbagliato.

Ma quello che rimarrà nell’immaginario collettivo è il video di Salvini che al quartiere Pilastro di Bologna va a caccia dello “spacciatore tunisino” e, in favore di telecamera e in diretta Facebook, non esita a fare nomi e cognomi citofonando a casa di una famiglia. “È vero che qua spacciate?” e ancora: “È lei lo spacciatore tunisino? Abita al primo piano? Mi fa salire?”. Ecco, questa surreale sceneggiata è il vero punto di non ritorno: qui la destra e la sinistra non c’entrano più nulla, e nemmeno la campagna elettorale. Si tratta di senso del limite, del limite, della decenza oltre che del fatto di essere in presenza di indiscussi profili di illegittimità sul piano giuridico. Forse, o almeno si spera, nemmeno il leader della Lega si è reso conto fino in fondo della portata del suo gesto: anche se il social network di Zuckerberg, in seguito a varie segnalazioni per “incitamento all’odio” ha rimosso in video, è stato tuttavia impossibile frenarne la diffusione virale e il risultato è che il presunto spacciatore a cui il Capitano dava la caccia, il 17enne Yassin, adesso è additato da tutti come “lo spacciatore”.

E per sua stessa ammissione, prima in un video appello ripreso dal suo avvocato, Cathy La Torre, poi nella puntata di ieri sera di Piazza Pulita su La7, Salvini gli ha “rovinato la vita in 5 minuti”. “Ho 17 anni, studio e gioco a calcio a Imola. Sono stato convocato in nazionale, è stata una grandissima esperienza. Non ho mai avuto precedenti, non sono uno spacciatore”, ha detto il ragazzo nell’intervista concessa all’inviato di Corrado Formigli. “Ogni giorno mi chiedo: perché proprio me? A un 17enne gli hai rovinato la vita in cinque minuti da un giorno all’altro. Un politico che è venuto in periferia così… Cioè da pizzaiolo, postino, a suonare e dire ‘tu spacci’. Ma cos’è?”. Appunto, cos’è? Si può citofonare a qualcuno con la presunta convinzione che sia uno spacciatore per sputtanarlo in maniera così plateale?

Ma, soprattutto, lo stesso Salvini ovviamente sapeva di non avere nessuna prova a sostegno della propria tesi, ma lo ha fatto comunque. Era necessario spingersi così oltre per un pugno di voti? Tralasciando il fatto che l’effetto è stato esattamente il contrario e per una sorta di contrappasso dantesco il miserabile gesto gli si è rivoltato contro facendo perdere conensi e credibilità, il punto è un altro. è che la verità è stata sacrificata sull’altare dello spettacolo, dello show, della boutade, in un crescendo di cattivo gusto. Davvero è diventata questo la politica italiana? Che la spettacolarizzazione sia ormai un elemento imprescindibile, intrinseco alla politica stessa e alle sue dinamiche da almeno tre decenni è un dato di fatto. Dall’esposizione argomentata si è trasformata in spazio del “consumo”, in un’arena dove vince chi la spara più grossa, chi fa più casino. Non è più solo spettacolo o marketing elettorale, dunque, è pettegolezzo, delazione e scandalo. Siamo oltre: oltre il bene e il male, direbbe Nietzche. E chi se ne frega se a farne le spese è un ragazzino. La politica e la sua rappresentazione mediatica da “pop” – inteso come popolare e populista – è diventata gogna.