Una Manovra senza crescita. E il Fondo monetario la boccia

Ad ottobre l’avviso sulla Manovra degli analisti di Washington. Ma il governo Meloni ha ignorato l’avvertimento.

Una Manovra senza crescita. E il Fondo monetario la boccia

Il Fondo monetario internazionale boccia senz’appello la Manovra. La legge di Bilancio del governo Meloni non è ambiziosa e non contiene riforme per la crescita, è il suo giudizio. Ma ci sia consentito un passo indietro. Era l’11 ottobre quando il Fmi spronò l’Italia a essere più ambiziosa negli obiettivi di riduzione del debito in un contesto globale nel quale gli Stati si indebitano sempre di più e gli alti tassi di interesse fanno levitare la spesa. Un richiamo a cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, replicò ostentando tranquillità: il governo “ha agito in modo serio” sui conti, disse.

Ad ottobre l’avviso sulla Manovra degli analisti di Washington. Ma il governo Meloni ha ignorato l’avvertimento

Dal meeting di Marrakech del Fondo Monetario e della Banca Mondiale il responsabile del dipartimento di bilancio, Vitor Gaspar, sottolineò che “servono ambizioni aggiuntive in termini di aggiustamento dei conti pubblici in un contesto di rafforzamento degli obiettivi che il governo ha in questo ambito”. Per Gaspar “il debito pubblico calerà ma molto lentamente e ben al di sopra del livello pre-pandemico”. Per far scendere il rapporto debito/pil vi sono “due elementi cruciali, riforme strutturali per aumentare il potenziale di crescita potenziale” e obiettivi più ambiziosi.

L’invito/raccomandazione arrivava mentre la Nadef era all’esame dei due rami del Parlamento e la Manovra non era ancora approdata in Consiglio dei ministri. Ancora più esplicita era stata l’agenzia di rating Fitch secondo cui la Nadef comporta un significativo allentamento della politica di bilancio rispetto agli obiettivi precedenti del governo italiano. Il giorno prima ancora il Fondo era tornato indietro nelle previsioni sul nostro Paese rispetto a quelle più ottimistiche di luglio. Allora aveva ritoccato al rialzo le previsioni di crescita causando la soddisfazione del governo Meloni mentre ora prevede che il Pil si fermerà a +0,7% quest’anno (con un taglio dello 0,4 rispetto a luglio). Per il 2024 la limatura è dello 0,2 con una crescita dell’economia a +0,7%.

A cambiare il clima in Italia, avevano sottolineato i responsabili del dipartimento ricerche del Fmi in conferenza, è stata la contrazione del secondo trimestre dopo un primo di forte crescita. La debolezza dell’industria, la fine del superbonus che ha causato “il collasso degli investimenti in edilizia” e difficoltà anche per i servizi hanno indotto alla revisione al ribasso che sconta il generale clima di rallentamento e prestiti più difficili e onerosi a causa della stretta monetaria della Bce.

Ebbene oggi che la Manovra è stata presentata, il Fmi con cognizione di causa può emettere una sua prima valutazione. E non fa sconti a Giorgetti e al governo di cui il ministro leghista fa parte. “Abbiamo consigliato al governo italiano di anticipare l’aggiustamento e di essere più ambizioso, nonché di pensare anche a riforme di bilancio strutturali e favorevoli alla crescita, che non sono previste nella bozza di bilancio 2024”, ha detto il direttore del Dipartimento europeo del Fmi, Alfred Kammer, presentando il Regional economic outlook per l’Europa. Per l’Italia “sarà importante avviare un percorso favorevole alla crescita e aumentare la produttività, questa è la questione chiave. Pertanto sosteniamo un aggiustamento di bilancio favorevole alla crescita”, ha aggiunto.

E poi il richiamo, che fa il paio con quelli che arrivano da Bruxelles, sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. “L’Italia deve lavorare duro per spendere bene i fondi del Next Generation Eu. L’Italia si è trovata ad affrontare i problemi che molti Paesi stanno riscontrando in termini di limiti di capacità nell’attuazione del Next Generation Eu”, ha spiegato Kammer, evidenziando che queste difficoltà “dovrebbero essere risolte perché il Next Generation Eu sarà importante e darà impulso alla crescita nel breve e nel medio termine”.

E infine vengono confermate le previsioni di una crescita asfittica per quest’anno e per il prossimo anno, pari allo 0,7% formulate ad ottobre. Ben al di sotto delle stime italiane che indicano un Pil dello 0,8% per il 2023 e dell’1,2% per il 2024. E di quelle del Vecchio continente sempre formulate dal Fmi: nel 2023 la crescita in Europa nel complesso rallenterà all’1,3% dal 2,7% del 2022, e migliorerà all’1,5% nel 2024. Una frenata quella dell’economia europea che Bruxelles conferma. “Siamo in un periodo di debolezza economica, siamo riusciti ad evitare le recessione ma la crescita è ancora molto bassa” con una attesa “modesta ripresa l’anno prossimo”, ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis.

Intanto in Europa continua, in queste ore, la discussione sulla riforma del Patto di stabilità. Ieri si è riunito l’Eurogruppo oggi tocca all’Ecofin. L’Italia ha chiesto a più riprese che la riforma del Patto preveda una sorta di eccezione alla regola della spesa (o ‘golden rule’) per tener in considerazione gli investimenti nelle aree strategiche per l’Ue per un periodo definito e all’interno di determinate soglie. Ma al momento ci sono state solo timide aperture a questa domanda su cui insiste l’Italia anche nell’ottica di una merce di scambio col sì alla ratifica al Mes. Il calendario che si spalanca davanti a Giorgetti è ad alta tensione.

Fitch il 10 novembre e Moody’s il 17 daranno il loro giudizio sul debito italiano. Il 21 l’Ue dirà la sua sulla legge di Bilancio

Fitch il 10 novembre e Moody’s il 17 daranno il loro giudizio sul debito italiano. Nel frattempo il 15 arriveranno le previsioni della Commissione Ue su economia e conti pubblici dei Paesi che per l’Italia difficilmente saranno in linea con il +1,2 % di crescita messo in programma per il 2024, nonostante questo sia il tasso più basso tra quelli presentati dai Paesi dell’Eurozona. Infine il 21 arriverà il primo giudizio di Bruxelles sulla Manovra. “Valuteremo i piani sulla base di tre criteri: primo, l’aumento della spesa primaria, secondo – ha riferito il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni – l’uscita dalle misure di aiuto sull’energia. E, terzo, sulla capacità dei paesi membri di preservare gli investimenti”. Ne vedremo delle belle.