Un’unica regia per la Sanità. E senza più pareggio di bilancio. Parla il deputato del Movimento Cinque Stelle, D’Ippolito: “La tutela della salute va uniformata in tutta Italia”

Il parlamentare del Movimento cinque stelle e membro della commissione Affari sociali Pino D’Ippolito non ha dubbi: “La sanità deve avere una sola regia”. E questa regia non può che essere centralizzata. Ecco perché, come il Movimento va ripetendo da tempo, occorre una riforma del Titolo V della nostra Costituzione, di modo da assegnare la competenza sull’amministrazione sanitaria allo Stato e non più alle Regioni dopo la gestione disastrosa di alcune di queste durante la pandemia da Covid-19.

Ma D’Ippolito è da sempre attento anche alle questioni calabresi, essendo la sua regione d’origine. E, sul caos che ha toccato proprio la sanità calabrese con le gaffe collezionate prima da Saverio Cotticelli (“licenziato” da Conte in tronco dopo il servizio da cui emergeva di essere completamente all’oscuro del piano sanitario regionale anti-covid) e poi da Giuseppe Zuccatelli, ha le idee altrettanto chiare: “In Calabria sta prevalendo la fretta e dunque occorre saggezza, concertazione e unità politica”.

In che senso, onorevole?
Le recenti interviste televisive di Cotticelli e il video virale di Zuccatelli contro le mascherine colpiscono l’opinione pubblica, che ha tutto il diritto di indignarsi, ora in particolare. La Calabria ha infatti una giunta regionale provvisoria, la ’ndrangheta in agguato costante, una crisi economica tremenda e un sistema sanitario molto fragile. I problemi sono allora radicati e profondi, ben più pesanti di quelle assurde dichiarazioni di Cotticelli e Zuccatelli. Penso, ad esempio, allo scandalo del policlinico universitario di Catanzaro, che dalla Regione riceve molti milioni in più di quanto permesso dalle leggi, ma non ha il Pronto soccorso, non fa emergenza-urgenza e non vuole i pazienti con il Covid. Perciò bisogna scegliere uomini nuovi, in grado di attuare soluzioni rapide ed efficaci per gestire l’emergenza in atto e la sanità regionale.

C’è evidentemente un problema di nomine politiche e amministrative in Calabria. Pare quasi che non si riesca a pescare un nome specchiato in un momento così delicato…
Sulla base dell’esperienza, che illumina sempre, credo che si debba puntare su manager calabresi, capaci, caparbi, con una profonda conoscenza della sanità della regione e al di fuori della vecchia dirigenza sanitaria locale. A riguardo ci sono figure che hanno prodotto ottimi risultati, specie nella pandemia.

La Calabria, però, non è l’unica regione che sembra andare a briglie sciolte. Perché secondo lei tanti governatori sono critici con il governo?
Intanto per un motivo principale. In materia sanitaria la potestà legislativa deve ritornare del tutto nelle mani dello Stato. Nel merito ho già presentato una specifica proposta di legge costituzionale, che tra l’altro, se approvata, leverebbe dalla tutela della salute il vincolo del pareggio di bilancio. Questo è l’aspetto più innovativo.

Nel frattempo anche le opposizioni non si stanno dimostrando molto collaborative. Salvini e Meloni fino a ieri chiedevano elezioni anticipate…
Le opposizioni hanno dato pessimi esempi. Hanno fatto credere che il virus fosse morto, hanno favorito il negazionismo, hanno strumentalizzato il problema, che è mondiale, e hanno fomentato diverse proteste di piazza, nonostante l’innalzamento fulmineo della curva epidemiologica. Prima o poi dovranno prendersi la responsabilità di aver remato contro il popolo italiano per meri scopi elettorali.

Il Movimento, nel frattempo, sta insistendo sulla riforma del Titolo V della Costituzione. Crede che questa possa essere la soluzione per evitare il caos amministrativo tra Stato e regioni nella gestione della sanità pubblica?
La prima e la seconda ondata, cui ne seguiranno altre, ci insegnano che la sanità deve avere una sola regia e che la tutela della salute deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale.

Crede che sia il Sud a pagare maggiormente la spaccatura in competenze regionali?
Assolutamente sì. Anche per via del criterio vigente di ripartizione del Fondo sanitario, che va presto modificato sulla scorta del fabbisogno di cure nelle singole regioni, il Mezzogiorno ha una sanità in ginocchio, sia a livello ospedaliero che territoriale. Abbiamo il dovere morale di unificare il Paese, iniziando proprio dalla qualità dei servizi sanitari.