Un’inchiesta al giorno leva i partiti di torno

Tangenti per il Mose, Venezia ora è sott’acqua

di Valerio Rossi

Venezia finisce sott’acqua. Una bufera si abbatte sugli appalti per il Mose, il sistema di dighe mobili per la difesa della città e della laguna dall’acqua alta, un’opera che vale ben 5 miliardi di euro. Questa volta, però, la bufera è giudiziaria e rischia di travolgere manager, imprenditori, amministratori e politici di rilievo. Sono stati arrestati il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (area centrosinistra), ora ai domiciliari, e Renato Chisso, assessore regionale alle Infrastrutture, di Forza Italia e altre 33 persone (25 in carcere e 10 ai domiciliari): anche due ex presidenti del magistrato alle Acque della città lagunare. Ma tra i nomi che fanno più rumore c’è quello del deputato azzurro, nonché ex presidente della regione Veneto, Giancarlo Galan, a cui viene contestato di aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova e di aver usufruito di lavori di ristrutturazione alla sua villa. Sulla sua eventuale custodia cautelare dovrà essere chiesto parere a Montecitorio. Il deputato di Fi intanto si difende dichiarandosi “totalmente estraneo alla vicenda”. L’assessore regionale Chisso (secondo l’accusa percepiva uno stipendio annuale tra i 200 e i 250 mila euro) avrebbe ricevuto i fondi illeciti attraverso la sua segretaria. Soldi che poi sarebbero stati trasferiti a Galan. All’ex ministro, a Chisso e a due funzionari regionali viene contestata la corruzione contro i doveri d’ufficio. Complessivamente Galan avrebbe ricevuto “uno stipendio di un milione di euro l’anno più altri due una tantum per le autorizzazioni”. Accuse pesantissime, ma che per ora restano tali perché, occorre sottolinearlo (prima di gridare a una nuova Tangentopoli), dovranno essere verificate nelle sedi opportune. Nell’ambito dell’inchiesta Mose, lo scorso mese di febbraio, era stato arrestato l’ex amministratore delegato dell’impresa Mantovani (impegnata nei lavori per la costruzione delle barriere protettive), Piergiorgio Baita. Tanti i reati contestati a vario titolo: concussione, finanziamento illecito, corruzione, ma anche contestazioni contabili e fiscali.

Travolto il sindaco
Al sindaco di Venezia Orsoni viene contestato il finanziamento illecito. Nella qualità di candidato sindaco del centrosinistra, nell’anno 2010, avrebbe ricevuto contributi illeciti, nella consapevolezza del loro legittimo stanziamento da parte del Consorzio Venezia Nuova. Le prime cifre che emergono dall’ordinanza riportata dal quotidiano Nuova Venezia sono di 110 mila euro al Comitato elettorale del candidato sindaco; ci sarebbero, poi, altri 450 mila ricevuti in contanti “di cui 50 mila ricevuti da Giovanni Mazzacurati e Federico Sutto, il primo dirigente e il secondo dipendente del Consorzio Venezia Nuova. Secondo l’accusa i 50mila euro sarebbero stati consegnati in contanti a Orsoni, in assenza di deliberazione dell’organo sociale competente e della regolare iscrizione in bilancio. Denaro poi speso per campagne elettorali. Oltre a qualche spesa personale. A Orsoni non viene contesto il reato di corruzione.

Movimenti di denaro sospetti
Complessivamente, nell’inchiesta, sarebbero state accertate triangolazioni di denaro e fondi neri ottenuti con l’utilizzo di fatture false maggiorate per complessivi 25 milioni di euro. Mentre la Guardia di Finanza ha effettuato sequestri per un valore di 40 milioni. Sono oltre 100 gli indagati e tra questi spicca anche il nome di Marco Milanese, ex consigliere dell’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti. Milanese da quanto emerge dall’ordinanza (ben 711 pagine) “avrebbe ricevuto 500mila euro dal presidente del Consorzio Venezia Nuova al fine di influire sulla concessione dei finanziamenti del Mose”. Ma i sospetti sulle persone coinvolte sono bipartisan. Nei guai il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese (avrebbe ricevuto contributi illeciti), arrestato come anche, per esempio, Amalia Sartori, ex europarlamentare di Forza Italia, non rieletta lo scorso 25 maggio. Misure restrittive anche per gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo e pure per il generale della Guardia di finanza in pensione Emilio Spaziante che avrebbe dovuto influire sulle verifiche fiscali nei confronti del Consorzio. E per chiudere si indaga anche su un magistrato della Corte de Conti.

 

Corruzione senza fine: da Mani Pulite in poi la musica non cambia

di Antonello Di Lella

Basterebbe un dato per spiegare il problema della corruzione in Italia. Un malcostume che, secondo alcune stime, comporterebbe allo Stato una sottrazione di 60 miliardi l’anno: la metà di quanto costa in tutta Europa. Per l’intero continente, infatti, la corruzione costerebbe 120 miliardi ogni 12 mesi. Cifre messe in dubbio da esperti del settore: ma numeri a parte il problema resta una bella “gatta da pelare”. Senza contare che con il primo report europeo sull’anticorruzione elaborato dall’Unione abbiamo rimediato una sonora bocciatura. Non abbiamo passato l’esame per quanto riguarda la diffusione di tangenti, integrità dei politici e leggi ad personam. Tangenti o presunte tali che ormai da vent’anni, dall’esplosione di Tangentopoli, fanno parte stabilmente della storia del nostro Paese. E la politica ha fatto ben poco per invertire la rotta. È questa la disamina che ha fatto il commissario europeo Cecilia Malmstrom che presentando il report ha messo in risalto le criticità maggiori: dal lodo Alfano alla ex Cirielli, la depenalizzazione del falso in bilancio, il legittimo impedimento. Ma anche legami spesso troppo stretti tra politica e malaffare. Detto questo non c’è molto da sorprendersi se negli ultimi anni sono venuti a galla una serie di filoni giudiziari con al centro il problema delle mazzette. Sia chiaro, una cosa sono le indagini, altra cosa sono le condanne. Ma è fuori discussione che il problema sia ben annidato nel nostro sistema.

Il primo: Mario Chiesa
E gli accadimenti di ieri fanno tornare indietro la memoria. Anche secondo Carlo Nordio, procuratore aggiunto a Venezia, ci sono analogie e differenze con la Tangentopoli milanese. Ecco che allora riavvolgendo il nastro la mente si ferma al 17 febbraio 1992 quando fu arrestato Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Il primo arresto per tangente, era accusato di aver intascato una mazzetta da 7 milioni di vecchie lire. Da lì venne a galla tutto il sistema. Un sistema di cui faceva parte anche Primo Greganti, esponente del Pds, nome tornato d’attualità con le ultimissime indagini sull’Expo.

I Grandi Appalti
C’è poi il filone più moderno. Quello inaugurato dalle indagini giudiziarie sui mondiali di nuoto a Roma nel 2009 e il G8 della Maddalena trasferito poi all’Aquila. E restando sempre nel capoluogo d’Abruzzo le mazzette emergono anche in alcune inchieste legate alla ricostruzione in seguito al terremoto distruttivo del 6 aprile 2009. Scandali a tutto gas negli ultimi anni. Nel mirino dei giudici sono finite infatti anche aziende statali come Enav e Finmeccanica. Non mancano casi sospetti anche se si parla di sanità come, per esempio, le vicende legate al San Raffaele di Milano. Solo a febbraio presunta corruzione anche all’Asi (l’Agenzia spaziale italiana). E per chiudere il cerchio le ultime presunte tangenti milanesi dell’Expo. Con una credibilità della nostra Italia ridotta ai minimi storici e con le imprese straniere che, anche per questi motivi, ci pensano bene prima di investire capitali nel Belpaese.