Uno vale uno, la regola aurea divide gli attivisti. Dubbi nella base per la scure sui big. Ma c’è anche chi invoca il ricambio

Uno vale uno, la regola aurea divide gli attivisti. Dubbi nella base per la scure sui big. Ma c’è anche chi invoca il ricambio

Quando correva l’anno 2018 ben pochi avrebbero scommesso su quella pattuglia di persone che, estranee al mondo della politica, promettevano una rivoluzione nei palazzi del potere. Eppure proprio quella novità, cuore pulsante del Movimento 5 Stelle, si è trasformata in uno tsunami che ha travolto la vecchia politica proprio in virtù del suo essere una novità.

Ed è proprio con questo spirito che tra le regole fondanti dei pentastellati c’è sempre stato il limite ai due mandati che ieri, dopo un infinito tira e molla, è stato confermato. Una notizia che sui social è divampata come un incendio incontrollato che ha diviso gli attivisti tra favorevoli e contrari. Così su La Notizia si può leggere come, secondo Fernando Palella, “I due mandati sono giusti, basta con la politica di professione!!! La politica deve essere un servizio civile pro tempore, sennò ci si innamora dei palazzi… Lo so che purtroppo, a volte, si dovrà fare a meno di gente valida a cui ci siamo affezionati e ci fidiamo ciecamente, ma purtroppo i due mandati sono l’antidoto al virus della poltrona. Tutti siamo utili e nessuno è indispensabile”.

Soddisfatto, tra i tanti, anche Pino Digiobattista che sottolinea come “bene così perché nessuno è insostituibile”. Ma, contrariamente a quanto si possa immaginare, non tutti hanno accolto con favore la conferma della regola del doppio mandato. Molti altri, infatti, la pensano in modo diametralmente opposto come Foltran Gio secondo cui “Grillo colpisce ancora e continua a fare danni”, a cui ribatte poco dopo Anna Darra sostenendo che questa decisione “per me è un errore. C’è gente che ha lavorato bene e va riconfermata. Chi non è d’accordo può anche andare… tipo Grillo”.

Senza paura

Intendiamoci subito, si tratta di posizioni più che legittime. Chi è rimasto deluso dalla conferma di questa regola fondante che – nel bene e nel male – rende il Movimento ‘unico’ nel panorama politico italiano, lo fa per svariate ragioni. C’è chi teme che senza ricandidare i big possa comportare un’ingente perdita di consensi elettorali, chi invece si è affezionato a specifici parlamentari M5S che hanno lavorato bene e chi teme che chi li sostituirà potrebbe non essere all’altezza.

Eppure proprio le elezioni del 2018 devono dare fiducia al Movimento e ai suoi attivisti perché è la prova di come non contano tanto le persone, tanto che lo slogan è sempre stato “uno vale uno”, ma la forza delle idee che si portano avanti. Proprio quelle che sono state portate avanti per due mandati, ossia dieci anni, dagli eletti pentastellati che sono passati – agli occhi degli attivisti – da volti poco noti a beniamini dei 5 Stelle.

Una vera rivoluzione, forse l’unica nella politica italiana da tanti anni a questa parte, che ha permesso di dimostrare che “tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile” ma soprattutto che ognuno, sia esso un volto noto o meno, può ambire a darsi da fare per rendere l’Italia un posto migliore.