Usa, diritti in cenere: l’ossessione di Trump, ordinata la distruzione di 9,7 milioni di dollari di contraccettivi

Con la scusa di una norma anti-aborto, gli Usa di Trump hanno distrutto 9,7 milioni di dollari in contraccettivi destinati a 5 Paesi africani.

Usa, diritti in cenere: l’ossessione di Trump, ordinata la distruzione di 9,7 milioni di dollari di contraccettivi

Questa estate il governo degli Stati Uniti ha ordinato l’incenerimento di una scorta di contraccettivi del valore di 9,7 milioni di dollari, già pagata con fondi pubblici, pronta alla distribuzione in cinque Paesi africani e perfettamente utilizzabile fino al 2029. Il gesto, definito da Ippf (International Planned Parenthood Federation) come «coercizione riproduttiva intenzionale», è l’esito più brutale della Global Gag Rule, la politica americana che vieta l’uso di fondi pubblici per organizzazioni coinvolte – direttamente o indirettamente – in servizi legati all’aborto.

Le forniture, composte da Iud, impianti e pillole, erano state acquistate sotto l’amministrazione Biden e stoccate in Belgio. Destinazione: Kenya, Tanzania, Mali, Zambia e Repubblica Democratica del Congo. Quando la nuova amministrazione Trump ha reintrodotto la Gag Rule in forma estesa, ha bloccato ogni alternativa: rifiutata la proposta dell’Ippf di distribuire gratuitamente le forniture, respinta anche l’offerta dell’Unfpa di acquistare il materiale. L’unica via scelta è stata la distruzione, per di più a spese aggiuntive: 167.000 dollari per il trasporto e l’incenerimento in Francia.

Il prezzo umano della dottrina

Il danno non è solo contabile. È umano, ed è già misurabile. Secondo le stime, oltre 1,4 milioni di donne e ragazze perderanno accesso alla contraccezione. In Tanzania è andato perso il 28% del fabbisogno annuo, con oltre 1 milione di dosi distrutte. In Kenya 108.000 donne resteranno senza impianti; in Mali è svanito il 24% delle forniture previste. Le conseguenze sono immediate: si stimano 174.000 gravidanze indesiderate e 56.000 aborti non sicuri, in contesti dove l’interruzione volontaria di gravidanza è spesso illegale o letale.

Nello Zambia, 295.000 dosi iniettabili e 48.400 impianti sono stati cancellati. Nella Repubblica Democratica del Congo, le forniture dovevano sostenere un fragile sistema sanitario in piena crisi umanitaria, già colpito da conflitti armati e mancanza cronica di personale medico. In almeno tre dei cinque Paesi, le strutture pubbliche dipendevano per oltre il 60% dagli aiuti internazionali per la pianificazione familiare. Con la mancanza di alternative gratuite, si prevede un aumento significativo di complicanze ostetriche, infezioni e mortalità materna.

Il Kenya è il paradigma di questa crisi pianificata. Già prima dell’estate, il Paese denunciava un deficit del 46% nei finanziamenti per la pianificazione familiare. Il congelamento imposto da Usaid a gennaio ha paralizzato gli approvvigionamenti, lasciando le strutture sanitarie con cinque mesi di scorte, contro i quindici necessari. Il colpo di grazia è arrivato con l’incenerimento: un atto simbolico quanto devastante, in una società dove una ragazza su cinque è già madre o incinta tra i 15 e i 19 anni.

Bruciare per non cedere

La giustificazione formale dell’amministrazione è stata l’impossibilità legale di cedere beni a organizzazioni «non idonee». Ma la stessa regola che vieta il finanziamento non impone la distruzione fisica delle scorte. La volontà politica, non il vincolo giuridico, ha orientato la scelta. È un cambio di paradigma: dal taglio dei fondi all’annientamento delle risorse.

La distruzione ha minato anche la credibilità diplomatica degli Stati Uniti. L’Unfpa ha parlato di «accuse infondate» e denunciato la perdita di 335 milioni di dollari in progetti cancellati. Médecins Sans Frontières ha definito la scelta «un atto sconsiderato contro le donne e le ragazze del mondo». La Francia, coinvolta nella fase finale dell’operazione, si è limitata a dichiarare che «non esistono basi legali» per intervenire, pur avendo appena inserito il diritto all’aborto nella sua Costituzione.

In gioco non c’è solo la salute riproduttiva, ma la credibilità dell’aiuto internazionale e l’autonomia delle donne nel Sud globale. Trump ha trasformato un cavillo regolamentare in un’arma contro i diritti fondamentali, lasciando dietro di sé ceneri e silenzi. Il messaggio è chiaro: meglio distruggere che cedere il controllo. Meglio bruciare la cura, che lasciarla nelle mani di chi la considera un diritto.