Vendola sbatte la testa sull’acciaio dell’Ilva

Alla fine Nichi Vendola sbatte la testa sull’acciaio dell’Ilva. Il governatore della Puglia è indagato dalla procura di Taranto nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto”. Al leader di Sel, in particolare, è contestata l’ipotesi di concussione in concorso con Girolamo Archinà, ex direttore dei rapporti istituzionali dell’acciaieria della famiglia Riva. Secondo l’impostazione seguita dei pm Vendola avrebbe fatto pressioni sui vertici dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, affinché ammorbidissero la loro posizione sugli effetti inquinanti dell’attività portata avanti dall’acciaieria. La stessa Agenzia, hanno ricostruito i pm, aveva proposto nel giugno del 2010 di ridurre e rimodulare la produzione dello stabilimento siderurgico sulla base degli allarmanti riscontri dei controlli sulla qualità dell’aria. Controlli che avevano evidenziato valori elevati di benzoapirene. A quel punto, sostengono i pubblici ministeri di Taranto, Vendola avrebbe costretto i vertici dell’Arpa a edulcorare la loro posizione consentendo così all’acciaieria di continuare a produrre ai massimi livelli.

Il governatore della regione Puglia, ieri, ha respinto al mittente le accuse. In primis ha tenuto a premettere che “pur nel momento del turbamento l’indagine rimane una cosa importante, rappresenta un momento storico perché negli ultimi anni il principio di responsabilità a Taranto non è stato rispettato”. Poi ha aggiunto: “Ho l’orgoglio di aver guidato un’amministrazione che ha scoperchiato cose dove nessuno aveva mai messo il naso”. E infine: “Non sono e non sarò mai nel libro paga di Emilio Riva”. Nell’inchiesta, che riguarda la bellezza di 53 indagati, risultano coinvolti anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, il parlamentare di Sel, Nicola Fratoianni (all’epoca assessore regionale), l’attuale assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro e il consigliere regionale del Pd Donato Pontassuglia. Gli altri avvisi di garanzia riguardano il patron dell’Ilva, Emilio Riva, e i figli Nicola e Fabio. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore di Taranto, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannalire, Remo Epifani e Raffaele Graziano.