di Nicoletta Appignani
Ci sono luoghi di frontiera, anche se si trovano nel centro di una città. Ci sono lavori di frontiera, anche se pagati poco e male. Posti nei quali, dopo che è capitata la tragedia, molti poi dicono che era prevedibile, che ci voleva un presidio di un qualche tipo, che bisognava studiare un sistema di sicurezza. Lo dicono oggi i colleghi di Paola Labriola, psichiatra del servizio igiene mentale di Bari. Un paziente, un folle, ex tossicodipendente che già in passato aveva procurato problemi, l’ha massacrata a coltellate nel suo studio. Voleva dei soldi. Il rifiuto è stata la scintilla per l’ennesimo omicidio annunciato. Se ci fosse stato un controllo, magari una guardia all’ingresso, forse la dottoressa si sarebbe salvata.
La ricostruzione
Aumentano giorno dopo giorno gli omicidi, sempre più brutali, sullo sfondo della crisi economica. E se la mano è quella di un folle, basta poco perché la mancanza di soldi diventi una scusa per uccidere. Questo il caso di Paola Labriola, massacrata con ventotto coltellate nel centro di salute mentale in cui lavorava. Secondo le prime testimonianze, Vincenzo Poliseno, 44 anni, era un utente dei Sert, i servizi per le tossicodipendenze. Ieri mattina verso le 7.30 si sarebbe presentato nella sede della circoscrizione Libertà di Bari, pretendendo di avere del denaro. Di fronte a queste richieste insistenti sarebbe stato dirottato al Sim, dove risultava paziente, anche se non abitudinario. Lì ha poi chiesto soldi alla psichiatra, e al rifiuto della donna, mentre lei era chinata per prendere la sua cartella clinica, l’uomo l’ha aggredita con un vecchio coltello da cucina, che, probabilmente, si era portato da casa.
Le reazioni
“Paola era una persona di grande esperienza – racconta una collega – non avrebbe mai corso un rischio, fatto una imprudenza. Non riesco proprio ad immaginare che abbia avuto una disattenzione’’. Un gesto imprevedibile, quello che ieri ha portato a questo massacro. E ora, mentre la città è sotto choc, i medici annunciano cortei di protesta per chiedere maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. ‘’Si tratta di un fatto di cronaca gravissimo che si somma ai tanti episodi di aggressione che gli operatori sanitari subiscono con frequenza crescente nell’espletamento delle proprie attività”, spiega il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Puglia Luigi Palma.
Una lunga fila di casi
La vicenda, infatti, ripropone il problema della sicurezza nei servizi sanitari e negli studi privati. Una polemica già sollevata nel 2009, quando un altro psicologo, Antonio Berton, fu ferito a coltellate nel suo studio in provincia di Vicenza. In quel caso la vittima riuscì a cavarsela con ferite guarite in una ventina di giorni. Mentre per l’aggressore, lo scorso febbraio il giudice ha stabilito un ricovero di almeno due anni in un ospedale psichiatrico giudiziario. E ancora, lo scorso aprile, un medico era stato aggredito nel prontosoccorso di Sarno da un uomo che voleva far accedere una sua familiare. Un episodio, questo, accaduto una settimana dopo l’aggressione a una dottoressa dell’ospedale di Nocera Inferiore, picchiata nel parcheggio della struttura sanitaria. E questi sono soltanto alcuni episodi. Uomini e donne che lavorano per aiutare il prossimo. E che diventano bersagli troppo facili di una follia dilagante.