La condanna di Denis cade in testa a Renzi. Tra P3 e banche toscane il peggio deve arrivare

di Francesco Bonazzi

La prima condanna di Denis Verdini, per la gioia della minoranza dem, è arrivata. Due anni per corruzione nello scandalo della Scuola Marescialli di Firenze. Il leader di Ala, alla guida di un manipolo di 19 senatori, spesso decisivi per il governo dell’amico Matteo Renzi, non è accusato di aver preso le classiche mazzette, ma di essere intervenuto per favorire il costruttore Riccardo Fusi e di aver fatto nominare Fabio De Santis provveditore alle Opere pubbliche della Toscana.

PRESCRIZIONE – La condanna però è destinata a evaporare, perché in estate scatterà la solita prescrizione. E allora ecco che sono altri i pensieri giudiziari che turbano i progetti politici del papà del Patto del Nazareno. Il colpo che Verdini più teme, anzi, già quasi mette in conto, è una condanna per bancarotta fraudolenta, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita al processo per il crac del Credito cooperativo fiorentino, la “banchina” (come la chiamava lui con affetto) che ha presieduto fino al 2010.  Ieri a Roma, nell’aula della VII sezione del Tribunale di Roma, Verdini aveva  voluto essere presente. Il pm Ilaria Calò ha chiesto due anni e due anni sono stati. Anche se la pena è stata sospesa. Gli avvocati dell’ex coordinatore di Forza Italia, Franco Coppi e Marco Rocchi, si sono detti “delusi”. “Il processo non offriva nessun sostegno alla tesi accusatoria. In oltre il reato è destinato a prescriversi entro l’estate, il che costituisce un limite alla nostra difesa nel giudizio di appello”, hanno fatto notare i due legali. L’inchiesta sui Grandi Appalti della Procura di Firenze è del 2010, è finita in parte a Perugia e Roma, ha portato a molte condanne, ma va detto che se per Verdini la prescrizione è vicina il “merito” è dei suoi colleghi senatori che hanno bloccato l’autorizzazione a procedere per ben due anni.

LEGAMI MASSONI – Il tempo scorre lento anche per la vicenda della presunta loggia P3, dove le accuse a carico di Flavio Carboni, Nicola Cosentino, Denis Verdini e altri sono di associazione segreta dedita alla corruzione, all’abuso d’ufficio, all’illecito finanziamento e al “condizionamento di organi costituzionali”. L’indagine scatta nel 2010, la Procura di Roma chiude l’inchiesta ad agosto dell’anno seguente, ma il giudizio di primo grado è ancora in corso. E all’udienza del 23 ottobre, la “stampella di Renzi” ha detto chiaramente cosa pensa di tutta questa faccenda: “La P3 era un coacervo di millanterie”. Potrebbe aver ragione.

ALTRI PROCESSI – Ma i veri processi che preoccupano Verdini sono quelli fiorentini che riguardano la sua passata attività di banchiere di provincia. Un paio sono accorpati e hanno accuse pesanti: il senatore-taxi (da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi) avrebbe prestato un centinaio di milioni di euro a una serie di imprenditori amici, tra i quali ovviamente figura anche Marcello Dell’Utri, senza alcuna garanzia e con istruttorie alquanto sommarie. In più, sempre dai conti del Credito cooperativo fiorentino, sarebbero passati 20 milioni di euro di contributi pubblici che Verdini avrebbe percepito illecitamente per il suo “Giornale di Toscana”. Già, le banche toscane. In questo periodo sono un brutto affare e Verdini, l’uomo decisivo per il Governo, rischia di pagare per tutti.