Vertice di pace a Sharm el-Sheikh per Gaza: verso un fragile accordo tra speranze e incertezze. Oltre venti leader mondiali riuniti in Egitto per discutere la stabilizzazione della Striscia di Gaza, tra il rilascio degli ostaggi, il piano di Donald Trump e il ruolo ancora incerto di Hamas.
Il vertice di pace di Sharm el-Sheikh per Gaza segna una nuova tappa nei negoziati internazionali per la fine del conflitto nella Striscia. Oltre venti leader di tutto il mondo, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron e il premier pakistano Shehbaz Sharif, si sono riuniti in Egitto per definire la seconda fase del piano di pace promosso dal presidente statunitense Donald Trump.
Sul tavolo, la creazione di una forza internazionale di stabilizzazione, il rilascio di ostaggi e prigionieri e la formazione di un comitato palestinese di transizione per la ricostruzione di Gaza.
Un vertice per la stabilità di Gaza
Il summit, ospitato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, mira a garantire che il ritiro delle truppe israeliane non lasci spazio al caos. Tra le ipotesi discusse c’è la nascita delle International Stabilisation Forces (ISF), un corpo militare composto da soldati provenienti da Paesi arabi e musulmani — dal Qatar alla Turchia — con un mandato Onu e una sede di coordinamento in Israele.
Gli Stati Uniti hanno escluso l’invio di propri militari, ma sostengono la creazione di una missione sul modello delle forze di peacekeeping dell’ONU. L’Egitto, da parte sua, sta addestrando circa 5.000 palestinesi da dispiegare nella Striscia, dichiarandosi pronto a inviare truppe “in un perimetro specifico” se autorizzato dal Consiglio di Sicurezza.
Le incertezze sul ruolo di Hamas
Il nodo più complesso resta la presenza di Hamas a Gaza. Secondo fonti diplomatiche, l’organizzazione avrebbe già mobilitato migliaia di uomini per mantenere l’ordine, ma rifiuta di consegnare le armi. Divisioni interne e rivalità tra clan rendono ancora più fragile la transizione.
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha intanto annunciato che Israele intende “distruggere tutti i tunnel terroristici” dopo la liberazione degli ostaggi, alimentando il rischio di nuove tensioni. “Ci sono così tanti modi in cui il piano potrebbe fallire”, ha ammesso un diplomatico occidentale al Financial Times, sottolineando l’incertezza su cosa le parti vogliano davvero: una missione ONU pienamente riconosciuta o un’operazione più limitata.
Il governo di transizione per Gaza
Un altro punto centrale del vertice di pace di Sharm el-Sheikh Gaza è la creazione di un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, sotto la supervisione di un organo internazionale guidato da Trump.
L’ex premier britannico Tony Blair è stato indicato come vicepresidente del Consiglio di pace per Gaza, mentre il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) partecipa come segnale di apertura e legittimazione internazionale dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Secondo quanto riferito da fonti palestinesi, è previsto un periodo di transizione di circa un anno, durante il quale l’ANP collaborerà alla gestione civile e alla ricostruzione della Striscia.
Le reazioni internazionali
L’Egitto ribadisce che la pace duratura passa attraverso la creazione di uno Stato palestinese. “Non ci sarà stabilità nella regione senza una soluzione definitiva alla questione palestinese”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Badr Abdel Aati.
Macron ha definito “positiva” la presenza di Abu Mazen al vertice, affermando che “la pace è possibile solo se si dà ai palestinesi il loro posto”.
Dall’Asia, il Pakistan ha espresso il suo “storico e incrollabile sostegno” alla causa palestinese, auspicando il completo ritiro israeliano e la ricostruzione di Gaza.
L’Iran, invece, ha deciso di non partecipare, denunciando “l’aggressione americana” e chiedendo la fine dell’“occupazione israeliana”.
Anche l’India partecipa con un suo rappresentante speciale, mentre il premier Narendra Modi ha scelto di non presenziare per evitare un incontro diretto con il leader pakistano Sharif.
Le prospettive: tra speranze e fragilità
Padre Ibrahim Faltas, francescano di Betlemme, ha parlato di “giorno storico” e di “inizio di un vero processo di pace”. Ma tra i diplomatici prevale la cautela.
Il piano di pace di Trump, pur sostenuto da molte capitali, lascia irrisolti i nodi della sicurezza e della governance.
Il vertice di pace di Sharm el-Sheikh Gaza rappresenta quindi un passo importante, ma non ancora decisivo. La sfida ora sarà trasformare la tregua fragile in un processo politico stabile, capace di restituire alla Striscia di Gaza non solo la pace, ma un futuro.