Vertice farsa sul salario minimo: lo scopo di Meloni è affossarlo

La presidente del Consiglio incontra le opposizioni sul salario minimo, ma non presenta alcuna controproposta.

Vertice farsa sul salario minimo: lo scopo di Meloni è affossarlo

No, il fronte delle opposizioni non si è spaccato. Sui 9 euro l’ora come soglia minima salariale che alzerebbe le retribuzioni di quasi quattro milioni di lavoratori, Giuseppe Conte (M5S), Elly Schlein, Carlo Calenda (Azione) Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Angelo Bonelli (Verdi) e Riccardo Magi (Più Europa), hanno tenuto il punto. Ma davanti a loro hanno trovato il muro del governo.

A Palazzo Chigi, la premier Giorgia Meloni, spalleggiata dai due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini (quest’ultimo in video collegamento), dalla ministra del Lavoro Marina Calderone e dai sottosegretari alla presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, ha confermato il suo no al salario minimo. E dal cilindro l’unica trovata che, in mancanza di idee e di proposte, è riuscita a tirare fuori è stata quella di affidare il dossier del lavoro povero al Cnel di Renato Brunetta.

Il muro di Meloni sul salario minimo

Un salario minimo con un valore orario indifferenziato stabilito dallo Stato porterebbe, secondo il governo Meloni, a un aumento del lavoro nero e sommerso, a uno schiacciamento verso il basso delle retribuzioni medie e all’uscita dalle tutele dei contratti nazionali di migliaia di imprese.Il rischio è che con fissazione per legge di una quota a 9 euro, si abbassino gli stipendi all’80% dei lavoratori che oggi guadagnano di più: è quanto ha sottolineato Salvini.

Va bene lavorare contro contratti pirata e sfruttamento – è stato il ragionamento del leader leghista -, ma col 90% dei lavoratori già coperti e tutelati da contratti nazionali, meglio concentrare gli sforzi su altro. E poi, commercianti e artigiani già in difficoltà rischierebbero di chiudere. Insomma – ha sottolineato – come col Reddito di cittadinanza si rischia di alimentare il lavoro nero. Io preferisco aprire cantieri e sbloccare opere, per creare lavoro stabile e ben pagato. Il Ponte sullo Stretto che Pd e 5Stelle avversano – ha rivendicato -, creerà 100.000 posti di lavoro, altro che reddito di cittadinanza o salario imposto per legge.

Nessuna proposta alternativa dal governo

Ma il governo, dicevamo, non ha una proposta alternativa da mettere sul tavolo per dare una risposta a un’emergenza sociale quale il lavoro povero. Nulla in mano, nulla in mente. Se non quella di temporeggiare e di passare la palla al Cnel. Meloni intende prendersi 60 giorni, il tempo del rinvio della discussione in Parlamento sul salario minimo, per “coinvolgere le parti sociali” e arrivare a un testo di legge da sottoporre a Parlamento e Governo per dare piena attuazione all’articolo 36 della Costituzione secondo cui “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

È quanto ha detto la premier ai leader delle opposizioni, a cui ha proposto di coinvolgere e consultare il Cnel per arrivare a una proposta condivisa su come alzare buste paga da fame. E così sintetizza la premier ai cronisti al termine del vertice. Le opposizioni, riunitesi dopo l’incontro, confermano di dare seguito alla linea tenuta finora, ovvero difesa della proposta di legge unitaria e mobilitazione nel Paese per la raccolta firme: la battaglia va avanti. Per Conte l’idea di coinvolgere il Cnel è come “gettare una palla in tribuna”. Per Schlein “il governo non ha una sua proposta, non ha le idee chiare. È rimasto sulle sue posizioni”. Più ottimista Calenda: “È stato un incontro interlocutorio ma il dato positivo è che nessuno ha sbattuto la porta. La proposta che ci ha fatto Meloni è di un dialogo su un intervento più ampio, dentro il quale non c’è un pregiudizio a discutere sulla proposta di salario minimo”.