Veto renziano sul Recovery Plan. Duecento miliardi in ostaggio. Italia Viva contro la task force per la gestione dei fondi. La Boschi minaccia il Governo evocando la crisi

Sembra incredibile ma se prima erano state le opposizioni ad attaccare il governo sul Recovery plan, ora a creare le maggiori fibrillazioni nella maggioranza è Matteo Renzi. Proprio all’indomani della bozza sulla governance chiamata a gestire l’imponente fondo da 209 miliardi di euro, da Italia Viva sono cominciati i soliti mal di pancia con annessa minaccia di ripercussioni sul governo del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Motivo del contendere sono la cosiddetta cabina di regia governativa, in cui i renziani al momento non hanno spuntato alcun rappresentante, e la struttura di commissari per la supervisione dei progetti da finanziare con i fondi europei. Due strutture di cui si è discusso nell’incontro di lunedì sera tra le forze di maggioranza, iniziato alle 20 e durato fino alle due di notte, a cui avrebbe dovuto fare seguito il consiglio dei ministri, programmato per le 16 di ieri, ma che è stato fatto slittare dai renziani.

ALTA TENSIONE. Del resto che l’aria fosse tesa all’interno della maggioranza lo si era capito dalle parole di Maria Elena Boschi che, intervistata dal Corriere della Sera, ha lanciato la linea del partito spiegando che “Italia viva chiede, pubblicamente, un dibattito alla luce del sole. Il premier ha fatto un’intervista sabato per dire che aveva già deciso tutto, che si sarebbe creata una governance con trecento consulenti, che i progetti erano già stati predisposti con commissari in grado di avere poteri sostitutivi rispetto ai ministeri”.

Parole tutt’altro che concilianti che la stessa ha ulteriormente rincarato spiegando che una rottura in maggioranza “spero non avvenga, ma temo di sì. Non stiamo alzando i toni, noi: siamo in presenza di un fatto gravissimo [..] Se il premier vuole rompere ci dispiace, ma faccia pure. Il richiamo alla responsabilità non può essere a senso unico”. Poche ore dopo, per rendere la posizione del partito ancor più chiara, è intervenuto Renzi spiegando che “la struttura di Conte pensa a moltiplicare le poltrone ma non va a dare una mano ai disoccupati, ai negozi chiusi a chi soffre. Se le cose rimangono come sono voteremo contro. Per noi un ideale vale più di una poltrona. Circa il rischio di una rottura, spero proprio di no, ma temo di sì”.

Come se non bastasse e a dispetto di ogni appello all’unità politica in questi tempi di profonda crisi, il leader di Italia Viva è andato all’attacco del premier: “Insistere su una misura che sostituisce il governo con una Task force, la seduta del Parlamento con una diretta su Facebook e che addirittura pretende di sostituire i servizi segreti con una fondazione privata voluta dal premier significa una follia. Noi abbiamo mandato Salvini per non dargli i pieni poteri, ma non è che li diamo a Conte”.

IL MEZZO DIETROFRONT. Se Renzi e Boschi fanno presagire la fine dell’attuale Esecutivo, a stemperare il clima ci pensa Ettore Rosato, capogruppo di Italia Viva, convinto che il presidente del Consiglio “mangerà il panettone” e che “le nostre osservazioni sono ragionevoli non sono impuntature e lo pensano tutti” i partiti. “Non vogliamo far cadere il governo ma il contenuto del Recovery Plan” sulla task force è “inaccettabile” assicura Rosato che poi, in quello che sembra un tentativo di riavvicinamento precisa anche che “non vogliamo che ci sia un’altra task force che metta un sacco di progetti nel cassetto e si mangi i soldi”.

Quel che è certo è che al momento tra le forze di maggioranza l’accordo è in alto mare. Al primo posto tra le criticità segnalate dai renziani c’è il fatto che, stando alla bozza del recovery plan, il premier, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, saranno a capo della struttura di controllo dei progetti per l’accesso ai fondi erogati da Bruxelles che dovrebbe avvalersi di 6 responsabili, uno per ogni ambito di intervento individuati.

Ad agitare il dibattito ci sono, però, anche dubbi di costituzionalità sollevati dal partito di Renzi che, rimasto fuori dal lotto dei supervisori, sembra trovare ogni appiglio per polemizzare. Tra questi rilievi c’è , ad esempio, il tipo di inquadramento giuridico con cui sarebbero ingaggiati i commissari che a cascata apre il dubbio sulla gerarchia rispetto ai ministri, ma soprattutto il fatto che i poteri che verrebbero loro assegnati saranno al di sopra delle decisioni dei responsabili dei vari dicasteri.