Vitalizio intoccabile. Da Mastella a Mancino, ecco la lunga lista degli ex senatori già salvi dalla mannaia

Mentre alla Camera si viaggia spediti sul taglio ai vitalizi, più di qualche bastone è stato messo tra le ruote del Senato.

Lentissimo pede. Mentre alla Camera si viaggia spediti sul taglio ai vitalizi, più di qualche bastone è stato messo tra le ruote del Senato. E così pare che i tempi ancora non siano maturi per vedere una uguale delibera nell’Ufficio di presidenza di Palazzo Madama. E mentre continua lo scontro tra i pentastellati e la presidente Elisabetta Casellati, c’è chi si chiede se, esattamente come a Montecitorio, anche al Senato ci saranno dei miracolati i cui vitalizi, per un incredibile scherzo del destino, resisteranno alla mannaia. Se, infatti, dovesse essere approvata una norma speculare, anche in questo caso applicando il sistema contributivo, vista l’elevata mole di contributi versati da alcuni ex senatori, il loro vitalizio avrebbe finito addirittura per aumentare. Meglio, dunque, bloccare gli assegni ai livelli correnti. Con la conseguenza che nessun taglio, per alcuni, verrà fatto. Partiamo subito col dire che, dall’elenco dei “vitaliziati” dal Senato, emerge chiaramente che i “graziati” saranno certamente di più rispetto ai 67 ex di Montecitorio. E, manco a dirlo, tra di loro spuntano nomi illustri. A cominciare da Franco Bassanini il cui vitalizio da 6.939 euro netti al mese resterà intatto. Parliamo, d’altronde, di uno che ha fatto veramente di tutto: docente universitario, consigliere comunale di Milano, capo di gabinetto dell’allora ministro delle Regioni Mario Toros, deputato per cinque legislature e senatore per due, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, due volte ministro e una presidente della Cassa Depositi e Prestiti. Stesso identico vitalizio anche per il presidente emerito del Senato, Nicola Mancino. Inevitabile  considerando le sue nove legislature all’interno di Palazzo Madama (dal 1976 al 2006). Ma, per non farsi mancare nulla, Mancino aggiunge al primo vitalizio un secondo, da 3.663 euro lordi al mese, che gli viene bonificato dalla Regione Campania. C’è, però, chi è riuscito a stare in Parlamento anche di più. Parliamo di Giuseppe Pisanu: anche

per lui 6.939 euro netti al mese maturati dopo 38 anni passati tra Camera e Senato. Ma la pletora degli ex a quota 6.939 è molto più lunga: ritroviamo tra gli altri anche Filippo Berselli (otto legislature dal Msi ad Alleanza Nazionale al Pdl), Antonio Del Pennino (nove legislature), Alfredo Biondi (33 anni in Parlamento e tre volte ministro) e Carlo Vizzini (otto legislature e quattro volte ministro).

Fronte bipartisan – Esattamente come alla Camera, anche al Senato, non c’è colore politico che tenga. E così nella lunghissima sfilza di ex senatori che saranno graziati anche nel caso in cui venisse approvata la delibera-mannaia, troviamo tanto l’ex missino Domenico Nania (26 anni passati in Parlamento) quanto una lunga schiera di uomini d i sinistra, a cominciare da Achille Occhetto (6.583 euro netti al mese per l’ultimo segretario del Partito Comunista) e l’ex esponente della Democrazia Proletaria (poi finito dentro il Pd) Edo Ronchi, che potrà continuare ad intascare la sua pensione da 6.369 euro. Senza dimenticare, ovviamente, i moderati di una vita: da Franco Marini (6.457 euro netti al mese per l’ex presidente del Senato e ministro del Lavoro, sei legislature tra Palazzo Madama e Montecitorio) a Francesco Rutelli (6.408 euro per il due volte ministro, cinque volte deputato e una senatore). Mancheranno i leghisti? Niente affatto. Nella lunga sfilza di nomi spunta, tra gli altri, pure l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli: 6.438 euro netti al mese dopo aver trascorso due legislature alla Camera dei Deputati e quattro al Senato. Un discorso a parte merita Clemente Mastella: otto legislature alle spalle, è entrato la prima volta alla Camera nel 1976: un cursus honorum che assicura, anche a lui, di mantenere intatta la pensione da 6.939 euro. Non si può, infine, dimenticare Emma Bonino per la quale il vitalizio, essendo stata rieletta il 4 marzo, è ora sospeso. Ma terminata la legislatura, se non dovesse più ricandidarsi, anche qualora la delibera sul taglio alle pensioni dovesse essere approvata, la Bonino potrà dormire sonni tranquilli: nessuno toccherà i suoi 6.715 euro netti mensili. Lauto riconoscimento dopo otto legislature tra Camera e Senato.