Voleva aprire tutto. Ma ora Italia Viva dice meglio il lockdown. Nuove tensioni nella maggioranza. Alimentate pure da pezzi del Pd

Non ci sarà alcun voto oggi alle Camere sull’ultimo Decreto presidente del consiglio (Dpcm) con le misure anti Covid. Il premier terrà un’informativa tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama e dunque non saranno previste risoluzioni e votazioni. Contrariamente a quanto chiedeva l’opposizione sperando che la maggioranza si potesse sfilacciare sull’ultima stretta decisa dal governo per contenere il contagio del virus. Semmai, se ne parlerà nei prossimi giorni. Tuttavia le fibrillazioni all’interno della maggioranza proseguono e la seconda ondata della pandemia potrebbe avere l’effetto di cristallizzare le tensioni piuttosto che accantonarle.

Martedì, in tarda serata, Giuseppe Conte ha convocato i capigruppo di maggioranza dopo estenuanti botta e risposta che si sono susseguiti per tutta la giornata con i renziani che continuano a criticare le ultime disposizioni decise dal governo. “Meglio un lockdown totale di queste misure a metà”, ha continuato a insistere Matteo Renzi. Ma la vera notizia la dà il capogruppo di Iv in Senato Davide Faraone: “Nel vertice si sono decise due cose: da una parte la proposta di Conte di verificare tra quindici giorni gli effetti del Dpcm, che noi abbiamo accolto pur non avendo condiviso le scelte fatte. Seconda questione importantissima è che si anticipa il tavolo politico che si era rinviato a dopo gli Stati generali del M5S, per vedere la strategia di questo governo d’ora in avanti, ad esempio sul tema del Mes e su tutte le altre questioni. Conte non ha dato una data precisa ma a stretto giro ci vedremo”.

Dunque quel patto di legislatura da qui al 2023, promesso dal premier al Pd e ai renziani, potrebbe iniziare ad abbozzarsi prima che il travaglio dei Cinque Stelle possa risolversi con l’evento di metà novembre. è chiaro allo stesso premier, peraltro, che non è possibile continuare a navigare a vista e che in un momento segnato da così forti tensioni sociali è necessaria una robusta coesione all’interno della maggioranza e del governo. Le pulsioni dei partiti non mancano. C’è il Pd che incalza il premier: chiede decisioni rapide, non molla sul Mes, e invita apertamente al dialogo e al confronto con le opposizioni. Sebbene Nicola Zingaretti abbia sempre smentito di voler entrare nell’esecutivo, Goffredo Bettini ha evocato un “riassetto” del governo, ovvero un rimpasto. Che è quanto Iv ha sempre auspicato.

I renziani, in realtà, non sognano solo un posto in più al sole con un dicastero magari di peso rispetto ai due (Famiglia e Politiche agricole) che attualmente detengono ma continuano a vaneggiare di esecutivi alternativi e maggioranze allargate ad altre forze politiche che portino, scopo ultimo, a un cambio di guardia a Palazzo Chigi. Da qui l’entusiasmo per le parole di Silvio Berlusconi che ha auspicato un clima di concordia nazionale in questo momento drammatico. Mentre fa riflettere che un ex renziano di ferro come Andrea Marcucci, oggi capogruppo dem al Senato, proponga di istituire un comitato di salute pubblica in cui maggioranza e opposizione possano concordare le strategie per il Paese.

Una proposta che in miniatura sembra riflettere il sogno renziano per Palazzo Chigi. Poi c’è il Movimento Cinque Stelle. Anche i pentastellati non hanno gradito alcune delle misure varate nel Dpcm ma chiedono di non alimentare le polemiche (“La crisi impone unità”, ha affermato Vito Crimi). Del resto devono fare i conti con il terremoto in atto al loro interno. E solo dopo aver ricostruito quanto ora va via via venendo giù potranno avere le idee chiare e assumere una posizione ancora più netta nei confronti delle attuali alleanze che li vedono coinvolti e, soprattutto, del governo Conte.