Zingaretti va nelle Marche. E lascia a Renzi la rogna Giani. Il segretario del Pd fiducioso nel risultato del Gran Ducato ha scelto di chiudere in una regione ancora contendibile

“Un leggero cambiamento di vento”. Dal Nazareno ammettono che tra i motivi che hanno spinto il segretario a scegliere le Marche per chiudere la campagna elettorale ci siano anche quelli legati a pronostici non così tanto funesti per la regione in cui la sfida per la presidenza si gioca tra il candidato del centrosinistra Maurizio Mangialardi e quello del centrodestra Francesco Acquaroli. Pare che nel Pd siano girati sondaggi in cui le Marche appaiono “contendibili”. Da qui la scelta di Nicola Zingaretti di lanciare l’ultimo appello contro le destre da Macerata. In Toscana il segretario dem è stato il giorno prima, del resto. E in Toscana, peraltro, dove si disputa la madre di tutte le battaglie, ha deciso di chiudere la campagna elettorale il leader di Italia viva, Matteo Renzi.

Prima a Firenze accanto al candidato del centrosinistra Eugenio Giani (nella foto) in piazza Santissima Annunziata. Poi Siena. Tra Zingaretti e Renzi non c’è la voglia di pestarsi i piedi. Non adesso. Il senatore fiorentino gioca in casa e il test in Toscana sarà il primo e quello, in un certo senso, decisivo per le sorti della sua Italia viva. Ecco perché l’ex premier ha deciso di snobbare altre regioni, nonostante abbia presentato in alcune candidati alternativi come in Liguria (Aristide Massardo), in Veneto (Daniela Sbrollini), e in Puglia (Ivan Scalfarotto). Se è vero che il Pd, e in particolar modo Zingaretti, si gioca il tutto per tutto in Toscana, è anche vero che, se Renzi dovesse uscire con le ossa rotte dalla competizione elettorale a casa sua, Italia viva si ritroverebbe a fine corsa proprio dopo aver cominciato a muovere i primi passi.

Ci sarebbe forse un’uscita di emergenza per l’ex premier con un eventuale, in caso di sconfitta netta per i dem, cambio di guardia alla segreteria del Pd. Se al posto dell’attuale numero uno del Nazareno dovesse subentrare il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, come molti auspicano, forse per Renzi si aprirebbe un dialogo con i suoi ex compagni di viaggio. Anche se fino a ieri dal partito frenavano sull’ipotesi. “Il tema del rientro di alcune personalità non è all’ordine del giorno”, ha dichiarato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Diversamente, se Zingaretti dovesse mettere al sicuro dai leghisti la Toscana e, in più, nel referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari dovessero prevalere i sì per cui si è speso, allora il segretario del Pd potrebbe uscirne fuori con un bilancio positivo.

Pubblicamente tanto Renzi quanto Zingaretti rigettano al mittente dietrologie e giochi di palazzo. “Mi sembra che non ci siano le condizioni per un riavvicinamento al Pd”, dice il leader di Iv. Che però si dice sicuro che guiderà un grande partito popolare. “Partirà da Iv e vedremo come si chiamerà. Magari lo guiderà un altro e io farò il navigatore, ma sì, la nostra esperienza tornerà a crescere”. Zingaretti si rifiuta di legare l’esito del voto al suo destino alla guida del Pd: “Il tema non è quello”, dice. E boccia le ipotesi di rimpasto. Non c’è solo la Toscana. Al voto va la Puglia, con il presidente di centrosinistra Michele Emiliano insidiato da Raffaele Fitto. E le Marche, appunto.

Si avviano verso una riconferma i governatori uscenti nelle altre regioni chiamate al voto: Vincenzo De Luca in Campania per il centrosinistra e per il centrodestra Luca Zaia in Veneto e Giovanni Toti in Liguria. Si tratta di un voto “politico”, dice Zingaretti. “Il tema locale conta molto, ma non è un tema non politico. C’è un tema centrodestra contro centrosinistra. E’ un voto politico, ma nel quale conta molto la persona. Ed è anche il motivo per cui la partita è aperta, apertissima, perché altrimenti non lo sarebbe stata”, argomenta il leader dem.