Accordo per governare l’Italia. Il contratto M5S è pieno di lacune. Il documento dei tecnici chiamati da Di Maio è vago. Per attuarlo ci vorrebbero dieci gruppi di lavoro

Il Comitato dei saggi individuato da Luigi Di Maio per analizzare convergenze e divergenze di programma ha partorito un topolino piccolo piccolo

In mezzo a tanta vaghezza il “diavoletto” si nasconde in un rapido passaggio a pagina 12. Qui si dice che “le forze politiche protagoniste dell’accordo”, semmai dovesse essere raggiunto, “si impegnano anzitutto a nominare dieci gruppi di lavoro che avranno il compito di approfondire e precisare gli obiettivi e gli strumenti di azione previsti nell’accordo” stesso. Con tutto il tempo che si sta perdendo per trovare un Governo, vien da dire, ci mancherebbe solo la costituzione di altri 10 gruppi di lavoro. Ma tant’è. La realtà è che il Comitato dei saggi presieduti dall’amministrativista Giacinto della Cananea, individuato da Luigi Di Maio per analizzare convergenze e divergenze di programma tra 5 Stelle, Lega e Pd, alla fine ha partorito un topolino piccolo piccolo. Dai contenuti così vaghi da non scontentare nessuno. Il documento, ribattezzato “un accordo per il Governo dell’Italia”, dovrebbe idealmente essere sottoscritto tra i 5 Stelle e chi ci sta. Dieci i punti qualificanti, sui quali convergerebbe qualsiasi essere umano.

I punti – Si va dal “costruire un futuro per i giovani e le famiglie” a “contrastare efficacemente povertà e disoccupazione”, dal “ridurre gli squilibri territoriali” alla “sicurezza e giustizia per tutti”, dal “difendere e rafforzare il Servizio sanitario nazionale”, al “proteggere le imprese, incoraggiare l’innovazione”, dal “nuovo rapporto tra fisco e cittadino” a “investire nelle infrastrutture”, dal “proteggere dai rischi, salvaguardare l’ambiente” a “un’amministrazione efficiente e trasparente, con tagli agli sprechi”. Se poi si va a leggere nei contenuti dei singoli paragrafi gli obiettivi sono esposti altrettanto genericamente, anche nei punti qualificanti: “le parti concordano sull’urgenza di costruire un futuro per i giovani”; “le parti condividono la necessità di associare il sostegno al reddito alla promozione dell’attivazione (per la ricerca di un nuovo lavoro, ndr)”; “le parti concordano sull’intensificazione e sul miglioramento dello scambio di informazioni con i partner europei e sul coordinamento delle azioni delle forze di polizia e di intelligence”. Insomma, un festival delle banalità, tanto più se si considera che ci ha lavorato un comitato scientifico con 7 membri: oltre a della Cananea ci sono Elena Granaglia e Fabio Giulio Grandis di Roma Tre, Leonardo Morlino della Luiss, Gustavo Piga di Tor Vergata e Andrea Riggio di Cassino, coadiuvati da Angela Ferrari Zumbini della Federico II. In più lo stesso Comitato si è avvalso della collaborazione di altri 7 esperti (Sergio Benedetto, Francesco Bilancia, Antonio Carullo, Giovanna De Minico, Marco Ponti, Marina Ruggieri e Lorenzo Zoppoli).

Il profilo – Un totale di 14 tecnici per un documento del tutto inutile. Tra l’altro uno dei saggi, Morlino, per anni docente all’Università di Firenze, risulta anche presidente del Comitato scientifico di Eunomia, un think tank fiorentino cofondato dal renzianissimo Dario Nardella, oggi sindaco di Firenze. Morlino, tra l’altro, è stato uno dei firmatari di “bastaunsì”, manifesto di sostegno alla riforma costituzionale targata Boschi-Renzi, poi bocciata al referendum. In più le cronache dell’epoca lo danno tra i partecipanti a una delle primissime Leopolde renziane. Ma forse si tratta solo di curiose coincidenze. Per ora il fatto certo è che l’accordo proposto da Di Maio è una sorta di documento in bianco, per certi aspetti troppo facile da firmare. Il difficile verrà dopo, se ce ne saranno le condizioni.