Addio alla Banca centrale. Ma Draghi non scopre le sue carte. Niente conferme su cosa farà ora, compresa la politica. L’eredità: politiche monetarie accomodanti per anni

Neppure l’ultima conferenza stampa ha chiarito che farà adesso Mario Draghi, una volta uscito dalla Banca centrale europea e tirato per la giacchetta in tante direzioni, dalla grande finanza alla politica italiana. Il suo nome è sempre sulla bocca di chi punta a un nuovo fronte moderato da contrapporre ai populismi di Cinque Stelle e Lega, ma non è affatto certo che l’italiano più credibile e ascoltato dai potenti della Terra si faccia coinvolgere, a meno di vedersi offerto su un piatto d’argento giusto il Quirinale, per almeno altri due anni però certamente occupato. Al numero uno dell’Eurotower vanno molti meriti, a partire dall’aver spento l’incendio che minacciava la stessa fine dell’euro, imponendosi con i falchi del rigore monetario e facendo partire (seppure in ritardo) il quantitative easing (cioè l’immissione di liquidità monetaria nel sistema finanziario).

Uno sforzo che ha messo la moneta comune in sicurezza, ma non al punto da poter dormire sonni tranquilli, anche perché gli obiettivi di crescita economica dell’eurozona non sono stati centrai, e persino l’inflazione è al di sotto del target affidato alla Banca centrale (seppure adesso messo in discussione). Per questo gli è stato chiesto di dare qualche consiglio al suo successore, Christine Lagarde, attorno alla quale già volteggiano gli stessi falchi visti ai tempi della crisi greca. “Mi sento come qualcuno che ha cercato di rispettare il mandato nel miglior modo possibile”, si è limitato a rispondere Draghi, dicendo chiaro di non avere consigli da dare a chi avrà molto tempo per fare quanto è necessario. Intanto però il presidente uscente lascia una strada tracciata, con la ripresa del quantitative easing, seppure di solo 20 miliardi al mese.

E GIÀ SI RIVEDONO I FALCHI DEL RIGORE. Un intervento che Draghi ha difeso definendolo tempestivo e necessario, anche se ha poi parlato di uno scenario economico dell’eurozona con rischi al ribasso, riferendosi in particolare a fattori geopolitici, dazi e vulnerabilità dei mercati emergenti. Il presidente Bce ha difeso fino all’ultimo anche i tassi negativi applIcati alle banche che depositano al sicuro i soldi piuttosto finanziare l’economia reale. Si tratta di uno dei punti più controversi delle politiche della Bce degli ultimi anni, e per Draghi “il giudizio complessivo sui tassi negativi è positivo. I miglioramenti dell’economia hanno più che bilanciato gli effetti indesiderati negativi”. Ieri intanto il board ha confermato i tassi di interesse ai livelli attuali. il tasso principale resta fermo allo zero, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,50%.