Altro che Btp a rischio. Le banche tedesche sono imbottite di derivati. Parla il deputato Raduzzi (M5S): “Da Commerzbank giudizi infondati”

L’invito di Commerzbank ai propri clienti a vendere i titoli italiani? “Qualcosa su cui anche i più ferventi europeisti dovrebbero riflettere”. Il deputato M5S, Raphael Raduzzi, componente della commissione d’inchiesta sulle banche non ha dubbi.

La Commerzbank, seconda banca tedesca partecipata al 15% dallo Stato, invita i clienti a liberarsi dei btp italiani prevedendo il possibile downgrade dei nostri conti pubblici. L’ennesimo colpo basso della Germania dopo la chiusura sul Mes?
“Sicuramente un qualcosa su cui anche i più ferventi europeisti dovrebbero riflettere. Si tratta di un brutto episodio che ci fa tornare alla mente i fatti del 2011 che videro protagonista un’altra banca tedesca, Deutsche Bank. Non voglio aprire polemiche con la Germania, mi interrogo piuttosto su come funzionano certe cose in Europa. Questo episodio, così come la questione del Mes, sono solo la punta di un iceberg”.

Vista la partecipazione pubblica dello Stato tedesco in Commerzbank, la scorrettezza dell’Istituto di credito – che alcuni suoi colleghi eurodeputati del Movimento 5 Stelle hanno definito un autentico “ricatto” – può essere considerata anche una scorrettezza della Germania nei confronti dell’Italia?
“Non mi permetto di attribuire colpe al Governo tedesco, sebbene lo stesso sia azionista di Commerzbank. Dico solo che chiunque è del mestiere sa perfettamente che i giudizi espressi dall’istituto tedesco sui nostri titoli di stato sono privi di qualsiasi fondamento. Recentemente anche Standard and Poor’s ha riconfermato il nostro rating”.

Eppure, come ha affermato sul suo profilo Facebook, il vero problema non sarebbero tanto i conti pubblici italiani, dei quali la Commerzbank si mostra preoccupata nei confronti dei suoi clienti, ma i derivati in pancia alle banche tedesche. Perché?
“Recentemente è stata pubblicata un’analisi del Centro Europa Ricerche (CER) sul rischio di mercato delle banche europee. Purtroppo, ancora una volta le banche tedesche spiccano su tutte. In cima Deutsche Bank, con oltre il 600% dei derivati in rapporto al proprio patrimonio, e Commerzbank, con quasi il 400%. In una fase di altissima volatilità come quella attuale questi attivi rischiano di colare a picco. Basta vedere il titolo azionario di queste due banche nelle ultime settimane”.

La crisi dello spread italiano del 2011, che portò alla caduta del Governo Berlusconi, partì dall’altra grande banca tedesca, la Deutsche bank che, nottetempo, decise di liberarsi di un enorme stock di titoli italiani. Con Commerzbank stiamo riguardando un film già visto?
“Credo che le condizioni siano profondamente mutate. Oggi abbiamo il Quantitative Easing della Bce, che prima non avevamo. Inoltre, l’Italia ha dimostrato all’epoca di essere un Paese dai fondamentali solidi. In quell’occasione l’incertezza giocò un ruolo importante, stavolta la situazione è differente”.

Intanto, proprio la Germania, guida insieme all’Olanda il blocco dei Paesi del nord, contrari all’utilizzo dei fondi del Mes senza condizionalità per affrontare a livello europeo – come proposto dal Governo italiano – l’emergenza Coronavirus. La partita non è ancora chiusa, ma come giudica l’atteggiamento di chiusura della Merkel in questa particolare situazione?
“La Germania gioca la sua partita a livello europeo in modo spavaldo. I Paesi del nord traggono enormi benefici dall’adesione all’unione monetaria, ma non sembrano volerne condividere gli oneri. Un atteggiamento egoista, e non dico altro”.

Si profilano, in queste ore, alcune ipotesi di compromesso con il coinvolgimento della Banca europea degli investimenti. Le considera soluzioni adeguate alla crisi economica generata dalla pandemia?
“Al momento ci sono ancora varie soluzioni sul tavolo. Per noi la Bei può essere coinvolta anche con un eurobond garantito solo dai Paesi che aderiscono a questo schema. Ci consentirebbe di fornire liquidità alla nostra Cassa Depositi e Prestiti che emette debito al di fuori del perimetro della Pubblica amministrazione, che a sua volta la girerebbe alle imprese”.