Altro che cambiare l’Enel, Starace frena sulle norme europee. E perde il ricorso al Tar

La lezione di Francesco Starace agli studenti della Luiss resterà come una delle peggiori gaffe di sempre tra i nostri manager di Stato. E ora fa peggio.

La lezione di Francesco Starace agli incolpevoli studenti della Luiss resterà come una delle peggiori gaffe di sempre tra i nostri manager di Stato. Per Starace il cambiamento nelle grandi società va imposto anche con la paura. Inevitabili le proteste e le scuse spedite dallo stesso Ad a tutti i dipendenti dell’Enel. Con quella bella lezioncina, il manager col manganello si è guardato bene però dal raccontare come il suo gruppo alla voce “cambiamento” sia fermo giusto alla costosa modifica del marchio e poco più. Anzi, dove c’è da cambiare perchè ci sono persino leggi europee che lo impongono, Enel non solo è immobile, ma arriva persino a rivolgersi ai tribunali amministrativi, nella speranza di difendere all’infinito le posizioni dominanti che le derivano dall’essere stata monopolista. Emblematica in questo senso la vicenda del brand unbundling, cioè l’obbligo derivante da una direttiva di Bruxelles di non indurre in confusione i clienti utilizzando marchi confondibili tra aziende di distribuzione e aziende di vendita dell’energia. Il gruppo di Starace, come è noto, controlla sia Enel distribuzione che Enel Energia. Al di là dell’anomalia con cui parte degli utili della prima favorisce la seconda, turbando così una corretta concorrenza tra operatori eletttrici, i due brand sono oggettivamente confondibili.

POVERI CONSUMATORI
Per tutelare i consumatori, l’Unione europea ha imposto non solo la separazione tra fornitori e distributori di energia, ma anche una chiara differenza tra i marchi. Indicazione alla quale Enel e le maggiori ex municipalizzate del settore non si sono adeguate, tanto che l’anno scorso il nostro Paese è stato messo in mora (passaggio che precede la costosissima procedura d’infrazione). Da quel momento in Italia si sono adeguati gruppi come A2A o Gas Natural (attiva in 8 regioni del Sud Italia), così come colossi del calibro di Edf in Francia (che ha cambiato nome della società di distribuzione in Enedis). L’Enel del “cambiamento” invece si è messa di traverso e ha presentato due ricorsi al Tar della Lombardia contro la direttiva europea. Un tentativo a dir poco temerario, che ha fatto infuriare le associazioni dei consumatori e delle imprese, come la Cna. Associazioni che avevano tutte le ragioni del mondo, tanto che il 28 aprile scorso il Tar ha bocciato le pretese dell’Enel.

MERCATO TRADITO
E dire che la partita non è affatto di poco conto. A spiegarlo è il prof Beltrame in uno dei suoi recenti articoli sulle liberalizzazioni all’italiana. Far sapere al consumatore chi manda le bollette ma non chi gli porta l’energia a casa sarà un grosso aiuto quando nel 2017 finirà il mercato della maggior tutela. A quel punto milioni di italiani saranno confusi e mantenerli in confusione aiuterà ad esempio quegli agenti senza scrupoli che millantano l’acquisto di intere reti di distribuzione da parte dell’Enel, promettendo risparmi in bolletta. Quando Starace parla di cambiamento, chissà a cosa si riferisce.