Buco Mps, la prima pezza costa 287 milioni

di Carola Olmi

C’è una prima pezza, ma costa 287 milioni nel bilancio di quest’anno, per ridurre il buco creato dalla gestione Mussari-Vigni con l’acquisto della Banca Antonveneta. La Banca del Monte dei Paschi e Deutsche Bank hanno raggiunto un accordo per chiudere anticipatamente la cosiddetta operazione Santorini. Con il nome di Santorini si indicano le operazioni, tra dicembre 2008 e luglio 2009, aventi a oggetto un investimento in Btp scadenza maggio 2031 del valore di 2 miliardi, concluse per ridurre il rischio tasso dell’investimento. Grazie all’accordo appena raggiunto Mps stima di aver ottenuto un minor costo di chiusura della transazione pari a 220 milioni e un beneficio patrimoniale ai fini di Basilea3 pari a circa 25 punti base.

Rientra liquidità
La transazione comporterà un impatto negativo sul conto economico 2013 pari a circa 194 milioni di euro al netto delle imposte (287 milioni al lordo), compensato da un impatto positivo sul conto economico (margine di interesse) di 33 milioni di euro all’anno dal 2014 in poi. Infine, aspetto forse più importante vista la carenza di liquidità della banca, lo stesso accordo consentirà un rientro immediato di circa 170 milioni di liquidità. Con l’intesa, inoltre, Mps rinuncia in via transattiva alla pretesa di risarcimento che aveva avanzato nel marzo 2013 nei confronti di Deutsche Bank davanti al Tribunale di Firenze. La transazione, peraltro, si limita alla sola quota interna di responsabilità di Deutsche Bank, restando “ferma e impregiudicata l’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’ex Direttore Generale, salva inoltre ogni altra pretesa di Banca Mps nei confronti di ulteriori soggetti corresponsabili con riferimento all’operazione”.

La Borsa festeggia
La notizia dell’operazione ha dato smalto al titolo ieri in Borsa. Mps ha guadagnato il 4,53%, riallontanandosi un po’ dal minimo storico che la stava avvicinando pericolosamente al valore dei 12 centesimi con cui le banche potranno escutere le azioni in pegno dalla Fondazione. Su Siena comunque i giochi sembrano fatti. L’aumento di capitale da tre miliardi, che sta per arrivare in assemblea e il presidente Profumo ha giudicato irrinunciabile, pena la nazionalizzazione della banca, porterà la proprietà della banca in mano ad altri gruppi esteri. E su Siena non sventolerà più il tricolore.