Caso Regeni, in Egitto nuove minacce ai legali che indagano sull’omicidio. La famiglia del ricercatore: “Chi ci aiuta è a rischio”

Allarme della commissione egiziana nella quale lavorano i consulenti della famiglia del ricercatore italiano ucciso al Cairo: "Tempistica non casuale"

Un blitz “a sorpresa”, un tentativo di “intimidazione”, ha denunciato il Coordinamento egiziano dei diritti e le libertà (Ecfr), che sostiene gli sforzi della famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso a febbraio 2016 al Cairo. È quello compiuto giovedì dalle autorità egiziane, con l’intento di “chiudere” l’Ecfr, denunciano gli interessati.

I legali presenti al momento della perquisizione hanno replicato che la chiusura dell’ufficio era “illegittima” visto che “la loro Ong opera in conformità con la legge egiziana”. Le forze di sicurezza sono andate via assicurando però che sarebbero “tornate presto”. Già a ottobre 2016 le autorità egiziane avevano condotto un analogo blitz a sorpresa. Ma stavolta “non è una coincidenza”, hanno spiegato dall’Ecfr, perché meno di un mese fa l’Ong ha pubblicato la sua relazione annuale sulle sparizioni forzate nel paese di Abd al-Fattah al-Sisi. Dossier dal quale sono emersi 378 casi tra agosto 2016 e agosto 2017. I principali responsabili di queste sparizioni? Gli apparati egiziani di sicurezza”, ha scritto l’Ecfr.

Per i familiari di Regeni “sembra che la libertà e la sicurezza di coloro che ci aiutano a fare luce sulla morte di Giulio sia a rischio, ancora una volta”.