Conflitto d’interessi sui vitalizi. Bocciata l’astensione di Caliendo. Ora al presidente della Contenziosa restano due strade. Decidere sui 771 ricorsi contro i tagli o dimettersi

Dura la vita per Giacomo Caliendo, ex magistrato, ex sottosegretario alla Giustizia, oggi ottuagenario senatore alla terza legislatura e presidente della Commissione contenziosa di Palazzo Madama: malgrado l’evidente conflitto di interessi, non può astenersi sui 771 ricorsi presentati da altrettanti ex senatori contro il taglio dei vitalizi. La sua decisione è stata respinta al mittente: o vota, ritrovandosi così a decidere sul futuro della sua stessa pensioncina, oppure si dimette.

VAI AVANTI TU… Lo ha deciso Luigi Vitali, presidente del consiglio di garanzia del Senato, chiamato a esprimersi sulla possibile astensione del senatore forzista. Non si conoscono ancora i dettagli della decisione. Non c’è dubbio, però, che rappresenterà una bella grana non solo per Caliendo ma anche per la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, da mesi al centro delle polemiche proprio a causa dell’affaire-vitalizi. Sua infatti è stata la nomina di Giacomino, berlusconiano d’assalto come lei e come lei sottosegretario alla Giustizia quando il Guardiasigilli era Nitto Palma, suo attuale capo di gabinetto e percettore di vitalizio decurtato (nonché firmatario di uno dei ricorsi, poi ritirato quando La Notizia denunciò il groviglio di rapporti nella Contenziosa).

Sempre lei ha nominato, come membro esterno, Cesare Martellino, ex rappresentante italiano a Eurojust in quota Fi e amico quarantennale di Palma. Sua è stata l’idea di proporre a Caliendo di astenersi quando l’M5S è sceso in piazza chiedendo l’azzeramento della commissione. Oggi a metterla sotto scacco è sorprendentemente un altro ex collega. Avvocato come lei, e come lei ex pasdaran berlusconiano della prima ora: cassazionista di Brindisi, in Parlamento dal 1996 (quattro legislature alla Camera e una, l’attuale, al Senato), Vitali è stato, prima di lei, sottosegretario alla Giustizia (dal 2004 al 2006, secondo e terzo governo Berlusconi); e come lei si è distinto nel sostegno alle strategie politico-giudiziarie del Cav, in particolare sulla legge-bavaglio.

I due sono stati persino candidati contemporaneamente al Csm, in quota Forza Italia, nel 2014. L’ha spuntata la Casellati, anche perché lui era all’epoca appena stato rinviato a giudizio per falso ideologico (aveva portato la giornalista Annalisa Chirico con sé in carcere, facendola passare per la sua assistente, e le aveva fatto incontrare Alfonso Papa, arrestato per lo scandalo P4) ed era sotto processo a Brindisi per abuso d’ufficio, con altri 16 consiglieri comunali, per irregolarità nel piano delle farmacie di Francavilla Fontana, il paese natìo. Vitali, però, nello scorso settembre ha cambiato fronte: dopo 25 anni ha detto addio a Berlusconi, diventando uno dei nove parlamentari secessionisti che hanno lasciato Forza Italia per Cambiamo! il nuovo partito di Claudio Toti.

L’addio non è stato indolore. Anche perché ora le prospettive per il futuro sono incerte: Cambiamo! nei sondaggi naviga intorno all’1 per cento, abbondantemente al di sotto di ogni speranza di entrare in Parlamento. Secondo Affari italiani, alle prossime elezioni Toti e i suoi cari sarebbero perciò pronti a confluire nella Lega, un po’ sul modello del Partito sardo d’azione. E non è detto che Matteo Salvini voglia farsi portare in dote l’ingombrante ritorno dei vitalizi.