L'Editoriale

I rischi dello Stato imprenditore

Ci risiamo con lo Stato che fa l’imprenditore. Dopo le montagne di soldi pubblici gettati dalla finestra prima e durante la stagione dell’Iri, malgrado l’inevitabile clientelismo e l’inefficienza che si è sempre generata quando tra convenienze politiche ed esigenze manageriali sono prevalse sistematicamente le seconde. Perciò persino all’estrema Sinistra, lì dove il liberismo economico è ancora considerato sinonimo di sfruttamento dei lavoratori, sono rimasti in pochi a negare che nulla è più efficace dell’iniziativa dei privati all’interno, però, di un preciso quadro regolatorio.

Dei carrozzoni pubblici, insomma, non c’è affatto nostalgia, ma non si può nascondere che quel modello di Stato leggero che ha permesso ai grandi fornitori (pensiamo solo alla sanità privata) e ai concessionari di riempirsi le tasche , alla fine è ai comuni cittadini che lascia il suo bel conto da pagare. Un conto che unito all’enorme debito pubblico, alla bassa crescita economica e alla crisi di alcune aziende finite in più generali crisi industriali, non lascia scelta se non a un ritorno breve e ponderato dello Stato che fa impresa. I casi ormai sotto gli occhi di tutti sono quelli di Alitalia e ex Ilva, ma c’è un’altra vicenda, per quanto un po’ più datata, che non si può ignorare, perché a Siena il Ministero dell’Economia è già da oltre tre anni che è tornato a fare pure il banchiere, e a quanto pare presto continuerà a indossare lo stesso abito in Puglia, soccorrendo la Popolare di Bari.

Il contesto generale, si dirà, non lascia scelta, e non c’è dubbio che lo Stato per un periodo breve può gestire l’Ilva o salvare l’Alitalia, ma qui non c’è nulla di più definitivo di certe decisioni temporanee, e proprio la faccenda del prestito ponte da 900 milioni all’ex compagnia di bandiera è la prova che finito un tesoretto ne serve un altro. Così come è necessario che le autostrade siano rimesse a gara per consentire al privato di gestirle al meglio ma senza strapparci utili fuori mercato e assicurandosi che faccia le manutenzioni, allo stesso modo dalle banche all’Ilva lo Stato può svolgere un’azione di supplenza, ma non più di questa, se non vogliamo rifare gli stessi costosissimi errori del passato.