Guerra di vigilantes in ospedale. Anche la corsia diventa far west

di Valeria Di Corrado

Persino la sicurezza negli ospedali romani è diventata terra di conquista delle agenzie di vigilanza privata. Una guerra senza esclusione di colpi (ne aveva già parlato La Notizia nell’edizione del 14 marzo), fatta di appalti al ribasso e di false documentazioni, in cui a farne le spese sono le guardie giurate (licenziate dall’oggi al domani) e gli impianti di sorveglianza delle strutture sanitarie (a rischio black-out).

L’emblema di questo caos è il Policlinico Umberto I, dove attualmente si è creata una situazione paradossale. Da martedì scorso per ogni postazione di vigilanza ci sono due vigilantes, uno della vecchia società incaricata delle sicurezza (Security Service) e uno della nuova (l’associazione temporanea di imprese Città di Roma Metronotte, Roma Union Security, Securitas Metronotte e Flash & Capitalpol). Questo perché non è stata rispettata la procedura di “cambio d’appalto”, in base alla quale l’azienda che subentra è tenuta ad assorbire, alle stesse condizioni contrattuali, i lavoratori impiegati in quel sito. Ovvero, l’Ati con capofila Città di Roma Metronotte avrebbe dovuto assumere, una volta assegnatole l’appalto, le 69 guardie giurate di stanza al Policlinico dipendenti fino a quel momento di Security Service. Lo prevede la clausola di salvaguardia occupazionale contenuta nella legge regionale del Lazio (n.16 del 18 settembre 2007), la contrattazione collettiva nazionale di settore e un vademecum sottoscritto da Prefettura, Questura e Direzione distrettuale del Lavoro di Roma.

Due al posto di uno
Nonostante questa precisa normativa martedì sono entrate in ospedale le nuove guardie e le vecchie, per non perdere i loro diritti, hanno deciso di non abbandonare le postazioni. “Se lo avessero fatto – spiega Mauro Brinati, segretario di Fisascat Cisl Roma – si sarebbe tra l’altro creato un grave problema di sicurezza, perché le telecamere e l’impianto di allarme dei siti protetti sono di proprietà della società che deve fare le valige”. Ieri al ministero del Lavoro l’Ati che è subentrata nell’appalto dell’Umberto I ha proposto di riassorbire soltanto 12 dei 69 lavoratori. Gli altri 57, in questo modo, andrebbero in cassa integrazione. Le organizzazioni sindacali hanno rifiutato l’accordo e la riunione è stata rinviata al 17 aprile.
Nel frattempo dovrebbe arrivare anche la sentenza del Consiglio di Stato che, sempre ieri, si è riunito in udienza per decidere se sospendere l’assegnazione dell’appalto all’associazione di imprese capeggiate da Città di Roma Metronotte. Il Tar del Lazio aveva già deciso per una sospensiva, dopo che Security Service aveva fatto ricorso sulla regolarità della gara. Dalla visione degli atti sarebbero infatti emerse presunte false certificazioni sulle fideiussioni a carico dell’Ati.

Il precedente
La stessa Ati è protagonista di un’altra analoga vicenda, ambientata sempre negli ospedali romani, i cui sviluppi si attendono a giorni. A partire dal 27 agosto del 2012 i servizi di vigilanza armata presso San Camillo Forlanini, Sant’Andrea, Spallanzani e Ares 118 sono passati da Italpol all’Ati Nuova Città di Roma, Roma Union Security, Securitas Metronotte e Flash & Capitalpol. Anche in questo caso sembra che la documentazione presentata in sede di gara fosse falsa. Il Tar del Lazio con una sentenza del 14 marzo scorso ha ravvisato pesanti irregolarità e ha dato trenta giorni di tempo alle agenzie di vigilanza per lasciare le postazioni negli ospedali. Il termine quindi scade domani. Anche in questo caso, tra l’altro, si è posto il problema dell’assorbimento del personale. Delle 105 guardie giurate che dall’Italpol dovevano restare al loro posto, si è passati a 85. La proposta conciliativa è stata firmata lo scorso 8 settembre alla presenza di rappresentanti di Questura e Prefettura. Tutto sembrava risolto. Se non fosse che il 16 novembre all’incontro in corso presso la Direzione territoriale del lavoro è intervenuto Claudio Lotito (in qualità di rappresentante di Roma Union Security) ventilando un accordo raggiunto con il Prefetto che prevedeva l’assunzione di soltanto 65 vigilantes. A patto, tra l’altro, che tali lavoratori fossero prima messi in mobilità. Tutto questo ovviamente per usufruire degli sgravi contributivi previsti dall’assunzione di personale in cassa integrazione e per rendere compatibile il costo del lavoro al ribasso proposto durante la gara d’appalto. Tanto a farne le spese è sempre l’ultimo anello della “catena di interessi”: i lavoratori.