In agricoltura c’è occupazione. Se Letta vuole, può seminare

di Monica Setta

“I primi giudizi sul governo sono positivi, ma aspettiamo ancora di vedere i fatti. E chiediamo parità di trattamento per l’agricoltura che finora, soprattutto con l’esecutivo dei tecnici guidato da Mario Monti, è stata considerata la “Cenerentola” dell’economia. E dire che a causa dell’emergenza costi, oltre 50 mila aziende del settore sono a rischio. Un disastro”. A parlare ė Giuseppe Politi, presidente della Cia, la Confederazione italiana degli agricoltori, che annovera poco meno di un milione di iscritti. Politi ha organizzato per il 21 giugno a Lecce la settima Conferenza della Cia chiamando a raccolta politici, operatori del settore e mass media con l’obiettivo di lanciare al governo le proposte necessarie a far ripartire un settore cruciale per il paese: l’agroalimentare.

Eppure nel 2012 e nel primo trimestre di quest’anno l’agricoltura è l’unico comparto che vede aumentare l’occupazione. È davvero così?
“In Italia le imprese agricole sono 1,6 milioni, di cui 900 mila professionali, mentre i lavoratori dipendenti sono 1.094.365. Se si considera anche l’indotto, il numero degli operatori del sistema agroalimentare arriva a rappresentare il 12% della forza lavoro del Paese ed è vero che il nostro settore ha dimostrato di avere una buona tenuta. Infatti, mentre gli altri segmenti produttivi “tagliano”, l’agricoltura difende e moltiplica i suoi posti di lavoro. A dispetto della crisi, con il suo carico di oneri aggiuntivi e fiscalità esasperata, il settore primario ha chiuso il 2012 con un incremento delle assunzioni del 3,6%, in assoluta controtendenza rispetto all’andamento generale. Stesso discorso anche per quest’anno. Nel primo trimestre del 2013, mentre il tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto il “massimo storico” da 36 anni, gli occupati in agricoltura restano in territorio positivo, con una crescita dello 0,7% del numero di lavoratori dipendenti. In aumento al Centro (+12%) e Nord Italia (+2%) e in flessione, invece, al Sud (-2,3%)”.

Dunque le aziende agricole continuano ad assumere…
“Esattamente. Oggi sono 200.314 le aziende agricole che assumono lavoratori. Il 61,4% sono “ditte in economia”, cioè imprese che soddisfano il proprio fabbisogno lavorativo esclusivamente attraverso manodopera dipendente. Tra queste, un numero crescente è composto da imprenditori agricoli professionali e società; il 33,9% sono coltivatori diretti che assumono manodopera, mentre il 4,6% sono imprese di tipo cooperativo, consorzi di bonifica, corpi forestali ed enti pubblici. Il 76,4% delle imprese agricole assume fino a 5 operai e il 12,7% fino a 10 lavoratori. Il restante 10,9% assume oltre 10 lavoratori. Ma un altro capitolo importante riguarda le imprese agricole guidate dai giovani. Perchè sono sempre più numerosi, e questo è un dato davvero interessante, i giovani che decidono di investire nell’agricoltura”.

Qualche cifra per quantificare questo fenomeno?
“In Italia le imprese agricole guidate da giovani sono 161.716. In particolare, le imprese condotte da “under 35” sono il 5,1%, mentre se si allarga il ‘range’ agli “under 40” si arriva al 9,9% del totale. Si tratta di un esercito ancora piccolo (visto che ancora oggi per ogni agricoltore “junior” ce ne sono otto “over 65”), ma va rilevato che nel Paese la tendenza all’invecchiamento si sta invertendo e oggi un lavoratore dipendente su quattro tra gli assunti in agricoltura ha meno di quarant’anni. Inoltre sono raddoppiati i giovani (studenti e disoccupati) impegnati nelle campagne di raccolta di frutta, verdura e nella vendemmia, superando quota 200mila. Più in generale, è da tre anni che nelle campagne italiane si registra una tendenza nuova: sono sempre di più i giovani che, come dicevo prima, una volta completato il proprio percorso di studi, decidono di tornare alla terra. E non si tratta solo di figli che rilevano o continuano l’attività dei genitori, ma spesso di neolaureati o neodiplomati preparati e determinati che, a causa di una crisi che chiude le porte dei loro settori, scelgono di scommettere sulla vita dei campi e reinventarsi produttori”.

Che ne sarà di questo mondo se il governo non vi ascolta?
Solo nel 2012, 25 mila aziende agricole sono andate fuori mercato. Il governo dei tecnici non ha fatto molto, adesso aspettiamo l’intervento del nuovo esecutivo altrimenti per l’agricoltura sarà crisi irreversibile”.