Investimenti di successo: il grande vino batte le Borse. Per Mediobanca il settore cresce per l’ottavo anno di fila. E l’indice mondiale dal 2001 vola del 719%

Investimenti di successo: il grande vino batte le Borse. Per Mediobanca il settore cresce per l’ottavo anno di fila. E l'indice mondiale dal 2001 vola del 719%

Non bisogna essere ubriachi per crederci: investire sul vino in Borsa fa guadagnare più che in gran parte degli altri settori, sia nel breve che nel lungo periodo. A darne la prova è l’ultima analisi del comparto vinicolo presentata ieri dall’area studi di Mediobanca. Tra marzo 2017 e marzo 2018 la capitalizzazione dei titoli che compongono l’indice mondiale di Borsa del vino è aumentata del 12,2% ma se si amplia l’orizzonte temporale di riferimento, i numeri sono ancora più sorprendenti. Dal gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo in versione total return (comprensivo dei dividendi distribuiti) è cresciuto del 719,6%, al disopra delle Borse mondiali (+148%).

BOOM NEGLI USA
La migliore performance in termini relativi (ossia al netto delle dinamiche delle Borse nazionali) è stata realizzata dalle società del Nord America (+744,6%), dell’Australia (+163,5%) e della Francia (+100%), mentre in altri Paesi le società vinicole hanno reso meno della Borsa nazionale: Cile -40,1% e Cina -73,4%. Nel corso del 2017, i tre maggiori produttori italiani per fatturato sono stati il gruppo Cantine Riunite-Giv (594 milioni di euro, +5,1% sul 2016), Caviro (315 milioni, +3,9%) e Antinori (221 milioni, +0,4% sul 2016). E sempre secondo l’indagine di Mediobanca sul settore vinicolo completano la top five Zonin, che ha realizzato una crescita del 4,2% portandosi a 201 milioni di euro e la Fratelli Martini a 194 milioni (+13,3%). Sette società hanno invece realizzato nel 2017 un aumento dei ricavi superiore al 10%: La Marca (+30,7%), Farnese (+28%), Ruffino (+15,5%), Enoitalia (+14,5%), Contri (+14,1%), Fratelli Martini (+13,3%) e Mezzacorona (+13,1%). Da segnalare anche come alcune delle società oggetto dello studio hanno una quota di fatturato estero quasi totalitaria, come Botter al 96%, Ruffino al 93,3%, Fratelli Martini con l’89,9%, Mondodelvino (85,4%), Zonin con l’85,1%, La Marca e Schenk entrambe all’82,7%, Farnese con l’81,9% e la cooperativa Cavit (80%). Solo otto gruppi hanno una quota di export inferiore al 50% delle vendite. Numeri che a ridosso del Vinitaly danno ancora più forza al settore.