
Più dura sembrava far convergere le strategie delle leadership, a partire dalla convivenza tra Di Maio e Salvini. Ma in un Paese che ha imparato la lezione dell’uomo solo al comando, se un unico capitano è poco due non è detto che siano troppi. A patto di trovare un punto di equilibrio all’altezza, come quello trovato con Giuseppe Conte, e non vederli litigare per ogni bagattella o cedere alle disperate sirene vicine e lontane. Ne sa qualcosa il Movimento, dove accanto all’anima del governo convive l’area più movimentista dei Di Battista e Fico. E la musica non cambia nella Lega, dove non c’è opposizione interna (quella raccolta intorno a Maroni e Bossi è sostanzialmente evaporata) ma si fanno sentire come possono i vecchi alleati del Centrodestra, con la Gelmini, Toti e Tajani pronti a tirare con ogni mezzo dalla loro parte Salvini. Richiami tutti caduti nel vuoto sia perché Forza Italia stavolta sembra aver terminato davvero la sua navigazione politica e soprattutto perché l’abbraccio con i Cinque Stelle sta facendo crescere una nuova identità politica, tonificante tanto per i grillini che per i leghisti. Due esempi?
Cambia tutto – Tra gli elettori del Movimento fondato da Grillo – a sentire Diamanti – in un anno è quasi raddoppiato il numero di coloro che sono in sintonia con Salvini nel voler respingere con più decisione i migranti, mentre l’idea delle nazionalizzazioni dei beni pubblici dati in concessione dallo Stato per due soldi – spinta da Di Maio – fa breccia tra i sostenitori del Carroccio, più indignati con le condizioni di favore accordate per decenni ai Benetton che preoccupati dai rischi di un ritorno allo Stato padrone denunciati da Giorgetti e Zaia (e non da Salvini, finora sempre durissimo con Atlantia, il concessionario responsabile del ponte che ha fatto 43 morti a Genova). Tutto questo ovviamente non vuol dire che le due forze politiche siano già sovrapponibili, ma di sicuro molte di quelle distanze tra M5S e Lega che sembravano essere state accorciate artificiosamente con il contratto di governo, in realtà non c’erano o sono state in gran parte già azzerate. Una lettura che non tornerà agli affezionati lettori di Repubblica e della stampa mainstream sguinzagliata a scovare e amplificare le divergenze tra Di Maio e Salvini, minimizzando le convergenze. Una tenuta che sarà sicuramente messa a dura prova con l’avvio della stagione dei provvedimenti economici, quando tutti i gufi su Palazzo Chigi giocheranno le loro fiches, sostenuti da quell’Europa che di certo farà la sua parte per disfarsi del nostro governo dei populisti.