La lobby delle banche con le ossa rotte peggio di Bankitalia. L’Abi costretta a un profilo basso, ma sui guai del credito non si scusa

La lobby delle banche con le ossa rotte peggio di Bankitalia. L'Abi costretta a un profilo basso, ma sui guai del credito non si scusa

di Stefano Sansonetti

Il silenzio, per certi aspetti, è comprensibile. Ma è anche molto eloquente. In questi giorni di polemica sulla nomina del Governatore della Banca d’Italia non un fiato si è levato dall’Abi, l’Associazione bancaria italiana. Certo, nessuno si aspetta che la lobby dei “giocatori” prenda posizione su chi dovrà essere l’“arbitro”. Ma se le polemiche di questo periodo, innescate dall’ormai famosa mozione del Pd contro Ignazio Visco, hanno chiamato in causa le responsabilità della politica e della Vigilanza di Palazzo Koch, la stessa onda non può che investire anche l’Abi. Il cui coinvolgimento “storico” passa sicuramente attraverso alcuni nomi di banchieri poi travolti dai vari scandali bancari: Giuseppe Mussari, ex numero uno di Mps, è stato presidente dell’associazione dal 2010 al 2013; Gianni Zonin, per anni anima della Popolare di Vicenza, aveva un posto nel comitato esecutivo dell’Abi; Lorenzo Rosi, ex presidente dell’Etruria, sedeva nel consiglio della lobby bancaria; Massimo Bianconi, ex numero uno di Banca Marche, era responsabile di Abi Marche.

Il panorama – Ma si tratta solo di alcuni esempi, che rendono comunque urgente chiedersi cosa sia l’Abi, oggi guidata da Antonio Patuelli, presidente della Cassa di risparmio di Ravenna. Non tutti, per dire, sanno che attualmente l’associazione bancaria conta qualcosa come 765 associate. Un minestrone impazzito in cui non ci sono soltanto banche. Anzi, nel perimetro rientrano anche le “lobby della lobby” come Assofiduciaria (l’associazione delle società fiduciarie), Assilea (società di leasing), Assosim (intermediari mobiliari), Assifact (factoring), Assogestioni (risparmio gestito). Certo, qualcuno potrà dire che la maggiore parte delle società di factoring o di leasing sono delle stesse banche. Ma proprio per questo l’interrogativo resta: che razza di schema è questa sorta di “associazione delle associazioni”? Per non parlare delle fiduciarie, strumenti giuridici perfettamente legittimi utilizzati per coprire i veri titolari di una società. Tra le associate Abi, infatti, non c’è solo l’associazione di settore, come detto Assofiduciaria, ma anche tante singole realtà. Secondo l’ultimo elenco soci, aggiornato proprio a ieri, risultano tra le altre Aletti fiduciaria (Banco Bpm), Spafid (Mediobanca), Cordusio Fiduciaria (Unicredit), Fiduciaria Sant’Andrea (Deutsche Bank), Finnat Fiduciaria (Banca Finnat) e via dicendo. Quasi tutte le fiduciarie, va detto, risultano associate “limitatamente al conferimento del mandato di rappresentanza sindacale”. Altra questione: come mai le banche si associano all’Abi anche con una selva di controllate? Ubi, tanto per fare un esempio, aderisce all’associazione anche con Ubi Factor, Ubi Finance, Ubi Finance CB 2, Ubi Leasing, Ubi Pramerica sgr, Ubi Sistemi e servizi, Ubi Spv Bbs 2012, Ubi Spv Bpa 2012, Ubi Spv Bpci 2012, Ubi Spv Group 2016 e Ubi Spv Lease 2016. Negli ultimi casi parliamo di una serie di sigle, “Spv”, che stanno per “special purpose vehicle”, in pratica società create dalle banche per operazioni di cartolarizzazione.

Le altre – E Ubi non è la sola. Intesa Sanpaolo è presente in Abi con 8 controllate, tra cui Intesa Sanpaolo Secutitisation Vehicle, Intesa Sec Npl, Intesa Sec., Intesa Sec. 3. Va bene che si tratta di società finanziarie, che spesso devono ottenere la licenza bancaria, ma anche in questo caso viene da chiedersi cosa ci stiano a fare decine e decine di società di cartolarizzazione. Per non parlare della pattuglia di società pubbliche associate all’Abi come Cassa Depositi e Prestiti e alcune sue controllate (Simest, Sace Fct, Fintecna) o come le finanziarie regionali Finlombarda e Finpiemonte (anche qui nel limite del mandato di rappresentanza sindacale). Ecco, nel dibattito su cosa sia avvenuto nella storia bancaria italiana negli ultimi anni forse ci si dovrà interrogare pure sull’evoluzione dell’Abi.

Tw: @SSansonetti