La pantomima della pandemia. L’intreccio tra mercato e comunicazione fa danni. Un testo di Ramonet utile nell’epoca dei virus

I due veri “sistemi nervosi” della contemporaneità sono i mercati finanziari e le ragnatele informative. Parola del filosofo francese Ignacio Ramonet del cui testo profetico – tardi anni ’90 – Geopolitica del caos (Asterios, pagg. 142, euro 15) dovremmo tornare a scartabellare le pagine più fertili. E come dargli torto in giorni di impazzimento clinico-mediatico? Un male nuovo che credevamo confinato in lande lontanissime serpeggia fra la popolazione, i deficit strutturali della Sanità pubblica e la mancanza di posti letto in reparti nevralgici creano il dilagare del panico, le istituzioni azzannano la preda senza raziocinio, deve fare qualcosa per forza e subito, l’ansia, il dubbio, la grancassa social-televisiva diuturna e stressante porta a provvedimenti biopolitici dal sapore apocalittico: nel breve volgere di due settimane ci ritroviamo in pieno isolazionismo di massa, denunciati per una passeggiata col cane, impediti nella mobilità, sospettosi del vicino, trasfigurati da mascherine distopiche, con le Borse che crollano, la produzione congelata, lo spettro della morte e della miseria che ribussano alle nostre porte dai tempi dei capponi di Renzo e Lucia. Un magma micidiale.

Se il mondo non fosse formattato sull’impresa globale, su redditività e competitività spinte, ci dice Ramonet, avremmo tempo di riflettere e disgiungere questioni di moneta immagine, e desiderio di sopravvivenza. E allora, se non cercassimo scoop a tutti i costi per raccattare copie di giornali e fette di pubblico capiremmo che il problema non è la letalità di un virus ma l’assurdità di programmazioni che negli ultimi decenni hanno investito su smantellamenti di diritti sociali e concessioni munifiche ai privati; se non avessimo tradotto la comunicazione in merce le attribuiremmo ancora la sua missione fondamentale, cioè “chiarire e arricchire il dibattito democratico”.

Ecco, appunto: chiarire. Fare chiarezza. Trovare certezze autentiche, sfrondare il campo da ombre, reattività, teorie raffazzonate, psicologia delle folle frenetica e dissoluta. E ricuciremmo la famosa intermediazione, la sospensione dei giudizi, il ruolo dell’intellettuale che “resta indispensabile in un mondo in cui la scienza, per la prima volta nella storia, detiene da sola la legittima verità. Tutti le danno ragione”. Siamo, insomma, in una società caratterizzata da incertezza e caos, dalla cartografia appena abbozzata, con rigurgiti di nazionalismo e un universalismo sfilacciato, spesso degno solo delle breaking news. Non dobbiamo essere negazionisti, una croce come il Covid-19 esiste, e vanno rispettati i morti. Ma, incrociando i vari registri semantici, un’infezione da 128mila positivi nel mondo su 7 miliardi e mezzo di abitanti, è pandemia o pantomima?