L’ultimo inganno dei manager renziani: i maxi utili della Cassa Depositi e Prestiti sono un trucco

di Stefano Sansonetti

Tutto bello, anzi bellissimo. I conti 2017 della Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal ministero dell’economia e guidata dal presidente Claudio Costamagna e dall’Ad Fabio Gallia, sembrano scintillanti. Peccato che dietro quelle cifre da capogiro ci sia un bel “trucco”, più precisamente un maxi regalo contabile fatto ai vertici del gruppo dal ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, e dall’allora premier Matteo Renzi. Diciamo subito che il progetto di bilancio 2017, presentato ieri in pompa magna dalla Cdp, parla di un utile netto di 2,2 miliardi (che diventano 4,5 a livello di gruppo), in aumento del 33% rispetto al 2016 e addirittura del 147% rispetto al 2015. Sulla carta un miracolo del management. Poi però si legge che sulla performance ha avuto un peso determinante il margine di interesse, attestatosi a 3 miliardi. La cifra, ha aggiunto laconicamente la Cassa, è stata ottenuta grazie “al miglioramento del rendimento delle attività fruttifere”. Quello che la società non dice è che dietro a queste espressioni contabili c’è il maxi rendimento che il ministero dell’economia, con un provvedimento del 2016, ha riconosciuto alle enormi giacenze che la Cassa deposita presso un conto corrente di tesoreria di via XX Settembre, il numero 29814.

Bisogna andare a spulciare nei prospetti allegati al progetto di bilancio, presentato ieri, per mettere a fuoco che al momento su questo conto corrente fruttifero sono parcheggiate liquidità della Cassa per 150 miliardi di euro. Si tratta di soldi derivanti dalla famosa raccolta postale degli italiani che la Cdp non impiega per finalità istituzionali. Ma proprio su queste giacenze il Tesoro riconosce alla Cassa un interesse niente male, che è stato aumentato da Padoan nel 2016. Quanto valga in percentuale è difficile da capire. Diciamo che la Relazione semestrale 2017 di Cdp spiega cripticamente che si tratta di “una remunerazione semestrale variabile pari alla media ponderata per fattori di ponderazione 20% e 80% dei rendimenti rilevati rispettivamente su Bot a sei mesi e Btp a 10 anni”. Siamo negli scantinati più bui della contabilità, dove è facile perdersi. Per capire però quanto frutti alla Cassa questa remunerazione basta prendere il bilancio 2016. Qui si dice espressamente che gli interessi attivi maturati sulle quelle disponibilità liquide (147,8 miliardi a fine 2016), ammontavano a 1,7 miliardi di euro. Una montagna di soldi, soprattutto se si considera che a fine 2016 l’utile della capogruppo è stato identico, ossia 1,7 miliardi. Certo, bisogna distinguere voci nette e voci lorde, ma l’incidenza di questi interessi sull’utile finale è evidente a tutti.

A quanto ammontano ora questi interessi? L’ultimo dato è riportato nella semestrale 2017 della Cassa, che parla di un rendimento che al 30 giugno era di 1,3 miliardi di euro. Nel frattempo, però, sono passati altri sei mesi, e gli interessi saranno sicuramente saliti, dando un contributo decisivo all’utile di 2,2 miliardi ascritto alla capogruppo. Insomma, in un momento in cui i rendimenti del risparmio postale per gli italiani diminuiscono, peraltro su somme garantite dallo Stato, lo stesso Stato ha aumentato quelli a beneficio della Cassa. Perché Renzi e Padoan lo abbiano fatto, nel 2016, non è dato sapere. Si dice che abbiano in parte voluto risarcire le fondazioni bancarie azioniste di minoranza della Cassa, dopo che il loro leader, Giuseppe Guzzetti (presidente dell’Acri), aveva dovuto subire la rimozione dell’ex presidente Franco Bassanini, uomo delle fondazioni. Di sicuro il cadeau ha fatto fare bella figura a Costamagna e Gallia. Ma forse non servirà, visto che ieri la Reuters ha raccolto confidenze di ambienti grillini che hanno già dato il benservito ai due manager in scadenza.

Anche l’occhio vuole la sua parte. In vista della presentazione del suo bilancio scintillante, dietro al quale però c’è un bel trucco (vedi articolo qui a fianco), Cassa Depositi ha pensato che la veste grafica fosse importante. E così lo scorso 15 febbraio ha pagato la bellezza di 140 mila euro alla società Zero3zero9 per un “servizio di revisione e studio grafico-creativo della relazione finanziaria annuale e semestrale”. Il successivo 19 febbraio sono stati versati 180.700 euro alla Interactive Thinking per una consulenza in “service design” a proposito dell’offerta di buoni e libretti postali. Ancora, in corso di assegnazione c’è una gara da 180 mila euro per “servizi di impaginazione e stampa dei prodotti di immagine istituzionale”. Insomma, fino all’ultimo i vertici non badano a spese. Di sicuro per il presidente Claudio Costamagna e l’Ad Fabio Gallia il tempo sta per scadere. Ieri anche i grillini hanno fatto sapere che per il rilancio della Cassa è indispensabile la sostituzione dei due manager.