Mezzi strapagati che restano blindati in garage

di Martino Villosio

Correva l’anno 2009. Dopo la morte del caporal maggiore Alessandro Di Liso in un attentato contro un convoglio di blindati in Afghanistan, avvenuto il 15 luglio, l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa in un’informativa al Parlamento e in una raffica di interviste sui principali media svelava all’opinione pubblica il prossimo invio di nuovi mezzi capaci di incrementare la sicurezza dei militari. “I Lince sono superati, presto i nuovi blindati Freccia salveranno molti soldati”, spiegava l’ex ministro, promettendo per i mesi successivi l’invio in Afghanistan di 54 nuovi veicoli blindati medi 8×8, i “Freccia” appunto, pronti a subentrare gradualmente ai più leggeri veicoli tattici multiruolo “Lince”.

La smentita dei fatti
Da allora sono passati quattro anni, e qualcosa – evidentemente – non deve essere andato secondo i piani delineati dall’ex ministro. Perché in Afghanistan, come confermano anche fonti dell’Esercito, di Freccia per il momento ne sono arrivati solamente 17 e nel frattempo i nostri militari continuano a muoversi per le insidiosissime strade del Paese sui blindati Lince. Sui Lince continuano a morire, come dimostra il recente attentato costato la vita al capitano Giuseppe La Rosa, colpito da una bomba a mano lanciata attraverso la botola nella parte superiore del mezzo, occupata dal mitragliere. E anche se, in ambienti militari, l’affermazione di La Russa suscita – oggi come nel 2009 – più di un sorriso ironico (“E’ impossibile pensare di sostituire veicoli agili come i Lince con i Freccia, che semmai possono fungere da supporto per i convogli”, ci è stato spiegato) le domande sono tutte sul piatto: che fine hanno fatto i super blindati Freccia, quanti ne ha comprati il Ministero della Difesa, dove e in che misura vengono oggi impiegati? Secondo le cifre fornite dal Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari i 54 mezzi che avrebbero dovuto partire per l’Afghanistan fanno parte del primo lotto di un programma di acquisizione pluriennale in tre successive fasi per complessive 249 unità (172 combat, 36 commando anticarro, 20 posto comando e 21 porta mortaio).

Un miliardo e mezzo
La prima fase di acquisizione, spiega sempre il PDM, è stata finanziata per 310 milioni di euro dal Ministero dello Sviluppo Economico, in base a una convenzione tra il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo quanto stabilito da un articolo della legge finanziaria 2006. Il costo totale del programma di acquisto dei Freccia è di 1 miliardo e 540 milioni di euro, ovviamente ripartito su più esercizi finanziari. Tra i motivi che hanno frenato l’invio dei VBM (progettati e prodotti dal consorzio tra Iveco Fiat e Oto Melara) ci sarebbero secondo i più critici le difficoltà d’impiego riscontrate sui percorsi afghani e l’addestramento piuttosto complesso necessario per poter utilizzare il mezzo. Ma anche, spiegano dall’Esercito, i costi di trasporto e di rientro piuttosto elevati.

Dove sono i Freccia?
In un’intervista dello scorso 22 maggio alla “Rivista Italiana Difesa”, il generale Claudio Graziano, attuale Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ha spiegato che “un sistema d’arma come il Freccia è decisamente sofisticato e quindi richiede, per gli incarichi tecnici, personale maggiormente preparato”. Il generale ha anche aggiunto che i VMB 8×8 sono attualmente in corso di distribuzione ad una sola Brigata (la Pinerolo) mentre quelli per le altre unità saranno consegnati gradualmente in base alle disponibilità finanziarie.“E’ un mezzo potenzialmente utilissimo per salvaguardare gli uomini sul campo”, spiegano fonti militari. “In un teatro come la Siria sarebbe subito utilizzato”. Sta di fatto che, dei 139 veicoli Freccia di diversa tipologia acquistati sino ad oggi, ad essere utilizzati sono stati soltanto i 17 partiti per l’Afghanistan sulla scia degli annunci La Russa. E nessun Freccia, come conferma l’Esercito, risulta al momento impiegato nelle altre missioni in cui sono impegnate le nostre Forze Armate.