Nessuna tutela dell’ambiente. Il Tap nel mirino della Procura di Lecce. Per la costruzione del gasdotto 19 indagati. Inquinate anche le falde acquifere nel Salento

A qualcuno la realizzazione del Tap, il gasdotto nel Salento, non è mai andata a genio. Troppo alti i rischi di deturpare un territorio splendido, fatto di spiagge e mare cristallino, con la costruzione del gigantesco impianto che collegherà l’Azerbaijan all’Italia. Ma se questi sembravano timori espressi per lo più dai residenti della zona, da ieri sono diventati una realtà certificata dalla chiusura dell’indagine da parte della Procura di Lecce nei confronti di ben 19 persone. E da quanto si legge nel carteggio del fascicolo, il quadro della situazione è a tinte a dir poco fosche con opere realizzate senza seguire le indicazioni della Valutazione di impatto ambientale e, per giunta, in violazione dei vincoli paesaggistici.

Basterebbero queste contestazioni a far gelare il sangue e invece c’è anche la temutissima accusa di aver contaminato la falda acquifera. Unica nota positiva è che nell’avviso consegnato agli indagati, tra cui figurano i rappresentanti legali di ditte incaricate dei lavori e i vertici della Trans Adriatic Pipeline per quanto concerne i lavori del gasdotto nel territorio di Melendugno nel Leccese, è sparito ogni riferimento al reato di truffa che, invece, era stato ipotizzato nelle prime concitate fasi dell’inchiesta. Una contestazione, questa, che era stata mossa ai vertici di Tap Italia, ossia Michele Elia e Clara Risso nonché al dirigente del Ministero dello sviluppo economico Gilberto Dialuce, per non aver sottoposto l’opera alla direttiva Seveso, ma che ora, essendo scomparsa sembra destinata all’archiviazione.

Quel che è certo è che con quest’indagine, il pubblico ministero Valeria Farina Valaori e il procuratore Leonardo Leone De Castris hanno puntato il dito soprattutto nei confronti di Michele Elia, Gabriele Lanza e Marco Paoluzzi, rispettivamente country manager, project manager e direttore dei lavori, in quanto ritenuti responsabili di aver “realizzato le opere del tratto italiano del gasdotto marino e terrestre” anche “su aree sottoposte a vincolo paesaggistico e idrogeologico, dichiarate zone agricole di notevole interesse pubblico”. Più in generale, secondo l’accusa, i lavori si sarebbero svolti in assenza di autorizzazioni ambientali, idrogeologiche, paesaggistiche ed edilizie, “essendo illegittima quella rilasciata con D.M 223 dell’11/9/2014 e DM n 72/2015 (compatibilità ambientale) poiché adottata senza valutazione degli effetti cumulativi esterni ed interni”.

REPLICA IMMEDIATA
Dopo la conclusione dell’indagine della Procura, la società che si occupa della realizzazione del gasdotto non ha tardato a far sapere la propria posizione. “Tap conferma la piena fiducia nei confronti dell’autorità giudiziaria, nonché nell’esito finale del procedimento, e che venga riconosciuta la piena liceità e correttezza delle attività del progetto”. “Coerentemente, continuerà a fornire la più ampia collaborazione alla Procura e al Tribunale di Lecce sottoponendo ogni ulteriore elemento di valutazione e approfondimento, confidando nella rapida conclusione del procedimento”.