Per i Cinque Stelle Greta non basta. Sul clima serve una rivoluzione. Parla D’Ippolito (M5S): “Il decreto Costa è la strada giusta. I fondi si trovano se c’è la volontà, attendiamo il Pd”

È partito ieri lo sciopero globale per il clima. E il Movimento cinque stelle, al di là delle pur importanti manifestazioni, ha lanciato il primo concreto provvedimento dell’era giallorossa in tema ambientale: il decreto Clima, fortemente voluto dal ministro Sergio Costa. Un provvedimento che il deputato M5S Giuseppe D’Ippolito, membro della commissione Ambiente e da sempre impegnato in prima linea sulla problematica, definisce fondamentale, innanzitutto “perché è di coerenza rispetto alla nostra identità politica. Ma c’è anche una seconda ragione”.

Cioè?
Il risparmio complessivo di oltre 19 miliardi di sussidi pubblici finora a favore di produzioni inquinanti, metà dei quali potrebbero invece essere utilizzati, se in maggioranza ci sarà piena convergenza, per interventi di rilievo in materia ambientale, anche a scopi di prevenzione e al fine di migliorare la qualità della vita. Fin dall’inizio, il Movimento 5 Stelle ha posto il tema della tutela dell’ambiente come obiettivo prioritario, proponendo una visione moderna del rapporto tra uomo e natura, intesa come casa comune. Altre volte ho sottolineato l’attualità delle grandi questioni ambientali, del resto affrontate dal Papa, in prospettiva francescana, nell’enciclica Laudato si’. Oggi la politica non può più esimersi dal discutere di problemi sempre più gravi, purtroppo a lungo ignorati. Mi riferisco all’inquinamento globale, ai cambiamenti climatici e dunque alla necessità che i beni comuni, per esempio l’acqua e l’aria, siano pienamente disponibili. A riguardo, con una specifica proposta di legge, che ho rivisto a più riprese anche insieme a studiosi di diritto, ho dato il mio contributo all’allargamento del dibattito corrente, troppo spesso fatto di puri slogan senza contenuti.

Che cosa riguarda questa proposta di legge?
Ad oggi manca un riferimento all’ambiente come una nozione giuridica autonoma e concreta. È quindi compito del legislatore, colmare questa lacuna, e i tempi sono maturi, come dimostra l’intesa di programma sulla difesa dei beni comuni tra il Movimento 5 Stelle e il PD. L’intenzione del mio progetto di legge è di affermare il principio che l’ambiente deve essere tutelato, conservato e preservato in tutto o in parte, non solo perché esso ha un valore intrinseco in sé, ma anche per il valore, strumentale, che esso possiede per gli esseri umani.

Torniamo al decreto Clima. C’è, però, un problema riguardante le coperture. Dove e come crede che sarà possibile recuperare i fondi?
Le coperture si trovano sempre, quando c’è la volontà politica. Da quanto ho potuto leggere, Leu è decisamente d’accordo sull’impianto del decreto. Mi auguro che il Partito Democratico, che in passato ha tenuto atteggiamenti contrastanti sulla tutela dell’ambiente, sappia cogliere la grande opportunità, che adesso abbiamo, di dare alle nuove generazioni un futuro più sano in tutti i sensi.

Quali sono, in sintesi, le misure che ritiene più significative del decreto Clima?
In primo luogo la riduzione nel tempo dei sussidi ambientalmente dannosi, sino al loro completo azzeramento nel 2040. È una vera rivoluzione ricavare risorse per finanziare la tutela ambientale, invece che impiegarle per incentivare l’inquinamento. Nel testo del provvedimento vi sono, poi, la cessazione della qualifica di rifiuto, oltre che misure per la mobilità sostenibile, per il rimboschimento e la qualità dell’aria nelle città, per incrementare l’economia verde nei Parchi nazionali e per ridurre gli imballaggi. Si tratta, insomma, di una risposta concreta all’emergenza climatica, di cui vediamo e subiamo sempre più spesso gli effetti drammatici, se non tragici. Auspico che il Consiglio dei Ministri vari il decreto in tempi molto brevi. Sarebbe un segnale forte, anche fuori dell’Italia.
Il nuovo Governo ha posto l’ambiente al centro della sua agenda. Cosa cambierà rispetto al passato e all’alleanza con la Lega?
La Lega ha purtroppo dimostrato una visione molto antiquata dello sviluppo e del progresso. In sostanza ha sposato l’idea che la natura sia soltanto materia da cui cavare energia. In larga misura, e senza un’analisi politica di profondità, il partito di Salvini ha propagandato la grande illusione dell’incremento occupazionale e della crescita economica attraverso lo sfruttamento delle risorse in senso lato naturali. Poi, diciamoci la verità, alla Lega è mancato il coraggio del cambiamento: si è presentata come partito popolare, ma ha preferito guardare agli interessi di ricchi e potenti, cioè le lobby che da tempo aggrediscono la bellezza dell’Italia. Il Carroccio non ha mai voluto confrontarsi sul valore, anche economico, dell’integrità e salubrità dell’ambiente.

Qual è, dunque, l’alternativa che propone il Movimento 5 Stelle?
Riteniamo fondamentale l’educazione verso i comportamenti dei singoli e delle collettività. Nel merito, le pratiche di riciclo e riuso sono un bene per la riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento, e servono per utilizzare le materie prime seconde al posto delle materie prime vergini. Un minore impiego delle materie prime vergini incide anche sui fattori della produzione: diminuisce il consumo di energia e di sostanze inquinanti. Penso all’anidride carbonica, per esempio. Inoltre il riuso può riprendere antichi mestieri abbandonati: il sarto, il riparatore, il tecnico radioelettrico e così via. A nostro avviso è inammissibile che lo Stato sovvenzioni attività che producono inquinanti o immissioni nell’atmosfera. Sbaglia chi ci accusa che così danneggeremmo, per esempio, l’industria dell’automobile. In realtà le nostre norme sono concepite proprio per il rilancio e il rinnovamento tecnologico del settore. L’industria automobilistica ha da anni le tecnologie per sviluppare una mobilità elettrica, alternativa, non nociva. Se non lo fa, è perché beneficia di sovvenzioni pubbliche e per motivi di marketing. Con le sovvenzioni per gli inquinanti, l’industria non si dedicherà mai alla ricerca di mezzi e strumenti non inquinanti. Altro settore pubblico su cui intervenire è quello della mobilità collettiva, cui si lega il discorso sulle infrastrutture da creare. Occorre andare, in sintesi, verso l’abolizione completa di tutte le attività produttive basate su energia derivante dal fossile.