Quel super yacht è copiato. Il magnate russo Yuri Shefler, re mondiale della vodka, fa condannare Fincantieri per aver costruito una mega imbarcazione troppo simile alla sua

di Stefano Sansonetti

Chissà se dalle parti di Fincantieri ogni tanto gira qualche bicchierino di vodka. Di sicuro, se qualcuno nel gruppo cantieristico italiano ama il superalcolico, stavolta la bevuta è andata di traverso. Si dà infatti il caso che la società pubblica, guidata dall’amministratore delegato Giuseppe Bono, secondo due lodi arbitrali internazionali dovrebbe sborsare la bellezza di 20,9 milioni di euro a un magnate russo che si chiama Yuri Shefler. Di chi si tratta? Semplice, del re della vodka, imprenditore a capo di quell’Spi Group da cui dipendono 380 marchi di alcolici in 160 paesi (tra i più famosi c’è la vodka Stolichnaya). Il contenzioso, finora, è passato sotto silenzio, se si escludono le tracce di poche righe nei documenti contabili di Fincantieri, controllata al 71,6% dalla Cassa Depositi e Prestiti (tramite Fintecna).

BRACCIO DI FERRO
Ma la vicenda, di cui La Notizia è in grado di fornire i dettagli, è come minimo gustosa. Al centro della battaglia ci sono due superyacht costruiti proprio dal gruppo italiano. Il primo, che si chiama “Serene”, era stato commissionato a Fincantieri nel 2006 dalla società Serena Equity Limited, riconducibile a Shefler. I magnati russi, si sa, hanno “qualche” mania di grandezza. E quando si fanno costruire un superyacht non badano a richieste e spese. Così, nell’agosto del 2011, il gruppo italiano consegna un gioiello da 134 metri, che in quel momento è tra i 10 yacht più grandi al mondo. Il prezzo finale, a quanto pare, si è aggirato intorno ai 300 milioni di dollari. Una cifra a dir poco importante anche per chi, come Shefler, con un patrimonio personale stimato in 1,8 miliardi di dollari, è collocato al posto numero 1.105 della classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo. Ci sono però due dettagli che hanno scatenato la guerra legale. Per prima cosa, all’atto della stipula nel 2006 del contratto con Fincantieri, la società dell’imprenditore russo avrebbe messo a disposizione di quella italiana il progetto di design dello yacht firmato dall’architetto navale di fama internazionale Espen Oeino. E visto che Shefler voleva uno yacht del tutto esclusivo, a immagine e somiglianza di quel progetto, con una clausola si vietava a Fincantieri di utilizzare quei documenti per altre imbarcazioni. Qualche tempo dopo, però, gli stabilimenti di Muggiano (La Spezia) del gruppo cantieristico italiano hanno sfornato un altro superyacht, stavolta di 140 metri, chiamato “Ocean Victory”. Committente della lussuosa imbarcazione è un altro magnate russo, stavolta del ramo dell’acciaio. Parliamo di Viktor Rashnikov, alla guida della Magnitogorsk Metallurgical Enterpreise, che con un patrimonio personale di 4,8 miliardi di dollari è piazzato da Forbes al 497esimo posto della classifica dei miliardari mondiali. Il fatto è che la costruzione di questo altro superyacht sembra aver fatto andare su tutte le furie il re della vodka, che lo ha ritenuto troppo simile al suo. E per questo ha trascinato Fincantieri in giudizio.

GLI SVILUPPI
Alla fine di luglio del 2014, come confermato dal bilancio di Fincantieri dello stesso anno, a Londra sono stati emessi due lodi arbitrali con cui si chiede a Fincantieri di sborsare 20,9 milioni a favore della società di Shefler: 13,2 milioni per la violazione della proprietà intellettuale dell’armatore russo (il famoso progetto di design) e 7,7 milioni per il ritardo nella consegna della “Serene”. Non è finita qui. Come informa l’ultima semestrale di Fincantieri, nel mese di giugno 2015 la Corte d’appello di Trieste ha riconosciuto l’efficacia dei lodi arbitrali in Italia. Insomma, Fincantieri dovrebbe pagare. Ma la società, il luglio successivo, “ha proposto un’opposizione innanzi alla stessa Corte d’appello onde far accertare la contrarietà dei lodi all’ordine pubblico interno e internazionale, nonché per fare valere la revocazione dei lodi stessi per frode processuale”. In più la società di Bono ha anche adito il tribunale di Venezia accusando l’armatore russo di non essere “titolare di alcun diritto di proprietà intellettuale”. Adesso si attendono le udienze: 1° dicembre 2015 a Trieste e il 21 settembre 2016 a Venezia. In ballo ci sono 20,9 milioni. Motivo di sicura preoccupazione per Fincantieri, che nel 2014 ha fatturato 4,39 miliardi di euro chiudendo in utile per 55 milioni. Ma nei primi 9 mesi di quest’anno ha fatto registrare una perdita di 96 milioni.

Twitter: @SSansonetti