Renzi è caduto ma i renziani stanno molto bene. Il caso di Serra, il finanziere diventato in pochi anni banchiere, che ora naviga su 3 miliardi di euro

Renzi è caduto ma i renziani stanno molto bene. Il caso di Serra, il finanziere diventato in pochi anni banchiere, che ora naviga su 3 miliardi di euro

di Stefano Sansonetti

Da finanziere “rompiscatole”, che si presentava alle assemblee di Generali per contestarne la gestione, è arrivato a fare il banchiere. Non c’è che dire, l’escalation del renzianissimo Davide Serra può essere riassunta in questi termini, soprattutto dopo la partecipazione all’aumento di capitale del Credito valtellinese, ex banca popolare, che ora vede la sua Algebris potenziale azionista al 5,2%. Certo, è difficile resistere alla tentazione di far notare che questa ascesa abbia coinciso con il periodo di Matteo Renzi premier, avviato nel 2014. Un’alchimia, quella tra i due, risalente almeno al 2012, con tanto di finanziamenti elargiti da Serra alla renziana Fondazione Open, che organizza la Leopolda.

Il business – Quello che non sempre viene messo a fuoco è il modo in cui in questi anni Serra è riuscito a diventare azionista pesante di banche. Per lui, come per tanti altri, l’Eldorado è stato il settore dei crediti marci delle banche, i cosiddetti npl (non performing lonas). Un recente rapporto di Ernst&Young, dall’eloquente titolo “navigare nelle opportunità italiane del credito”, ha messo in fila tutti i primi colpi di Algebris tra il 2015 e il 2016: 172 milioni di npl rilevati da Deutsche Bank, 320 milioni dalla Cassa di risparmio di Bolzano, 450 milioni dalla Bper (in coppia con il fondo Cerberus). In effetti Serra, che nel 2006 aveva lanciato Algebris un po’ come hedge fund (fondo di investimento speculativo), con uffici a Londra e Lussemburgo, nel 2014 ha deciso di buttarsi forte sul settore degli non performing loans. Il salto di qualità, dopo le operazioni censite da Ernst&Young, arriva però nel 2017, quando Algebris riesce a fersi assegnare dal Banco Bpm un portafoglio di crediti difficili della bellezza di 693 milioni di euro. Cifra niente male per l’Algebris Npl Fund II, il veicolo creato da Serra nel dicembre del 2016 proprio per fare incetta di questi asset sul mercato italiano. Gli ultimi aggiornamenti dicono che dal lancio questo fono ha investito già 1,4 miliardi di euro, frutto di 41 operazioni concluse con 20 banche.

Il saldo – Più in generale, da quando nel 2014 ha acceso un faro sul settore, Algebris avrebbe rilevato npl del valore nominale di 2,6 miliardi, frutto di 75 operazioni con 35 banche. Ma presto gli investimenti complessivi in crediti difficili potrebbero salire a 3 miliardi: dietro l’intervento in Creval, infatti, Serra punta a farsi assegnare un portafoglio npl di circa 500 milioni (“progetto Gimli”). Insomma, il super renziano sembra aver sfruttato alla grande il momento in cui il suo amico era sulla cresta dell’onda. E così appaiono piuttosto lontani i tempi del 2007-2008, quando da investitore “movimentista” in Generali l’allora giovanissimo Serra criticava nientemeno che il presidente dell’epoca della compagnia di assicurazioni, Antoine Bernheim, nonché la gestione generale del colosso di Trieste soprattutto per quel che riguardava le politiche di remunerazione del management.

I fedelissimi – Al suo fianco, in quei blitz che lo imposero all’attenzione mediatica, c’era Massimo Massimilla, socio di Algebris che tutt’ora gli è accanto. Così come di recente Serra ha stretto ottimi rapporti con Massimiliano Bertolino, amministratore delegato di Frontis Npl, gestore milanese di crediti bancari difficili a cui Algebris si affida sempre di più per la profilazione dei vari debitori. Il tutto, naturalmente, nell’ottica di un più vantaggioso recupero delle posizioni. Oggi Renzi non è più a palazzo Chigi. Ma ormai Serra, sfruttando quell’onda, è riuscito a surfare addirittura sulle banche. Un percorso che è ancora in atto e che nei prossimi mesi potrebbe presentare nuove tappe.