Roberto Spada condannato a 6 anni per la testata al giornalista Piervincenzi. La Cassazione riconosce il metodo mafioso. Raggi: “Segnale forte. A Roma non c’è spazio per la criminalità”

Allora è tutto vero, gli Spada sono un clan mafioso. Se prima erano stati gli abitanti di Ostia e le indagini della Procura di Roma a sospettarlo, ora il dato diventa ufficiale perché certificato dalla Cassazione. E’ arrivato, infatti, a conclusione il procedimento a carico di Roberto Spada, per la famigerata testata rifilata al giornalista Daniele Piervincenzi, in cui è stata riconosciuta, una volta per tutte, l’aggravante mafiosa. In altre parole i giudici della Suprema Corte hanno confermato il verdetto di appello con cui il reggente del clan del litorale romano era stato condannato a 6 anni di reclusione perché accusato dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal pubblico ministero Giovanni Musarò del reato di lesioni e violenza privata aggravata dal metodo mafioso.

Ad avere un peso nel riconoscimento di quest’ultimo capo d’accusa è stata sicuramente la deposizione del cronista Rai che, in aula, aveva raccontato: “Questo è quello che vi succede se venite a rompere a Ostia: ce lo ha detto un ragazzo dopo che eravamo stati aggrediti e scappavamo. C’erano una decina di persone, tra quelle dentro e fuori la palestra, ma nessuno ci ha aiutato. Anzi, la cosa che più ci fece effetto fu sentire distintamente le tapparelle delle finestre abbassarsi, proprio dove prima c’erano alcuni affacciati”. Si tratta di un dettaglio chiave che, infatti, era stato ribadito durante la requisitoria del procuratore generale della Cassazione, Pasquale Fimiani, secondo cui: “Ci sono una serie di indici del metodo mafioso” tra i quali spicca il fatto che “nessuna delle persone presenti nella palestra gestita da Spada, davanti alla quale si è svolta l’aggressione ai giornalisti, è intervenuta in favore delle vittime”.

REAZIONI A CALDO. Come spesso accade in occasioni come queste, a presenziare all’udienza c’era anche la sindaca Virginia Raggi che, dopo la lettura del dispositivo, evidentemente emozionata, ha dichiarato: “A Roma non c’è spazio per mafia e criminalità”. Presente in aula anche il giornalista Piervincenzi che, dopo aver trattenuto il fiato in attesa del verdetto, ha potuto esultare: “Questa non è una sentenza solo per me ma per tutti i cittadini di Ostia e spero che sia un nuovo inizio per riportare la legalità”.

TRA VIOLENZA E OMERTA’. Il gesto di inaudita violenza risale al 7 novembre del 2017 quando una troupe televisiva del programma Nemo, in onda sulla Rai, è andata a Ostia per indagare sui presunti legami tra la famiglia Spada e il partito politico Casapound. Proprio nel litorale, infatti, il gruppo di estrema destra era stato autore di un inaspettato exploit nelle elezioni comunali sul quale voleva indagare il giornalista, accompagnato dal fidato cameraman Edoardo Anselmi. In quell’occasione raggiungevano la palestra di Roberto nella speranza di strappargli un’intervista. Ma il boss di parlare con il cronista non ne voleva proprio sapere.

Nonostante questo Piervincenzi non si perdeva d’animo e tempestava Roberto di domande che, dopo aver perso la pazienza perché i quesiti non gli piacevano affatto, interrompeva nel peggiore dei modi la conversazione sferrando una devastante testata sul naso del giornalista e dopo colpendolo con un bastone. Il tutto mentre il cameraman, nonostante venisse a sua volta colpito dal complice di Roberto, continuava a registrare il pestaggio. Un video poi risultato prezioso perché, a conti fatti, è diventato la prova regina del processo.