Romanzo criminale,

di Clemente Pistilli

Dal piccolo schermo a un’aula di tribunale. Dalla serie televisiva a un vero processo. All’età di 75 anni Gianfranco Urbani, ex esponente della Banda della Magliana e uno dei personaggi della gettonatissima fiction Romanzo Criminale, è tornato a sedere sul banco degli imputati e dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Tivoli, Claudio Politi, ha incassato una condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione. Er Pantera, come è stato sempre noto il 75enne all’interno della mala, è stato ritenuto la mente di un furto milionario ai danni di un istituto di vigilanza di Guidonia, in provincia di Roma. Ma Urbani, agli arresti domiciliari a Latina, non si arrende e già si prepara, tramite l’avvocato Oreste Palmieri, a ricorrere in appello. Nella notte tra il 22 ed il 23 dicembre del 2012, alla Sicurtecna, sulla Palombarese, entrarono in azione cinque banditi, che svuotarono il caveau dell’istituto di vigilanza e fecero sparire 6,8 milioni di euro. I malviventi sabotarono le telecamere di sorveglianza per evitare di essere ripresi e, arraffati sei sacchi pieni di banconote, si dileguarono. All’apparenza un colpo da manuale. Indagando, il commissariato di Tivoli e la squadra mobile di Roma riuscirono a strappare qualche confessione e si convinsero che quella messa a segno alla Sicurtecna non era stata altro che una rapina simulata, resa possibile da una guardia giurata in servizio in quell’istituto e complice dei rapinatori. Tra un’intercettazione e l’altra, dopo essersi messi sulle tracce dei presunti responsabili del colpo, gli investigatori a maggio fecero scattare un blitz. Ad Artena , sempre in provincia di Roma, alcuni degli indagati si stavano dividendo parte della stecca, come in gergo viene definita la parte del bottino che va ad ogni partecipante all’azione criminale. Vennero disposti sette fermi, tra cui quello di Urbani. “Quei sordi nun so li mia”, disse Er Pantera ai poliziotti, mentre quest’ultimi cercavano di recuperare le banconote nascoste in alcune damigiane. Il grosso della refurtiva non è però mai stato recuperato e la Procura della Repubblica di Tivoli ha ottenuto per gli imputati un processo con rito immediato, considerando evidenti le prove. Urbani ha scelto un abbreviato, di essere giudicato allo stato degli atti, e ora è arrivata la condanna. E dei milioni spariti? Nessuna traccia. Anche questa volta per il 75enne le accuse sono vere ma il colpo resta da film.