Scaricate le vittime dell’uranio. La peggiore eredità della Trenta. Da ministra firmò la relazione beffa contro i risarcimenti. E anche da ex ha continuato ad avvelenare i pozzi

Scelta come ministro dal Movimento 5 Stelle, dall’anticasta, Elisabetta Trenta della tanto vituperata casta ne è diventata subito un simbolo. Sulla vicenda del mantenimento della casa assegnatale quando era titolare della Difesa è diventata emblema dei privilegi (oggi ha fatto sapere che lascerà l’alloggio). Non appare però questa l’eredità peggiore lasciata da “lady stellette”, che se non viene ricordata per iniziative tali da lasciare il segno nella storia del Paese, è ben nota ai tanti militari che si sono ammalati dopo essere stati esposti all’uranio impoverito e alle loro famiglie.

Dare giustizia a quei servitori dello Stato era una delle parole guerriere dei pentastellati, la Trenta aveva assicurato che rapidamente sarebbe stata approvata una legge ad hoc, una rivoluzione, ma è invece finita per firmare una relazione fatta da burocrati con cui si nega persino il nesso di causalità tra la micidiale sostanza a cui tanti militari sono stati esposti senza adeguate protezioni in Bosnia e Kosovo e i tumori di cui sono rimasti vittime. E come se non bastasse, tornata una semplice cittadina e insediatosi il Governo giallorosso, dopo che il presidente della commissione Difesa alla Camera, il pentastellato Gianluca Rizzo, ha lui presentato una proposta di legge con cui ha ripreso sul tema uranio il lavoro svolto dalla precedente commissione d’inchiesta Scanu, la ex ministra si è schierata a favore di un’altra proposta di legge presentata appena un mese dopo, sempre da un pentastellato e sempre componente della commissione Difesa, che cassa le principali richieste delle vittime.

IL RAPPORTO. Il tavolo di lavoro sul tema dell’uranio impoverito aperto dalla Trenta al Ministero non è riuscito neppure a produrre un testo da depositare in Parlamento. “Stiamo lavorando”, ha continuato a ripetere instancabile durante i 14 mesi di esecutivo gialloverde. E ha proseguito con quelle rassicurazioni anche in estate quando è emerso che, insieme alla collega alla salute Giulia Grillo, aveva firmato un rapporto-shock, redatto da burocrati ministeriali, privo di valore scientifico, in cui veniva precisato che non vi è nesso di causalità appunto tra l’esposizione all’uranio impoverito e le malattie che hanno colpito tanti militari. La ex ministra, come ampiamente riportato su queste colonne, ha inoltre prima assicurato che quella relazione era “un atto dovuto” e che non sarebbe stata tenuta in conto, e poi sempre dalla Difesa quella stessa relazione è stata prodotta nei vari tribunali per cercare di negare i risarcimenti alle vittime.

CONFUSI ALLA META. Archiviato il Conte 1, in Parlamento è stata presentata una proposta di legge per dare finalmente giustizia alle vittime. Un’iniziativa presa dal pentastellato Gianluca Rizzo e appoggiata da 88 colleghi, con il primo obiettivo di togliere la giurisdizione ai militari, facendo stabilire da un organismo terzo la riconducibilità di alcune patologie all’esposizione all’amianto e consentendo di perseguire i responsabili di quella che è una strage silenziosa. Tempo però un mese ed ecco che alla Camera è stata presentata una seconda proposta di legge in materia, con primo firmatario il deputato pentastellato e colonnello Antonio Del Monaco, molto legato alla ex ministra, che in giro per caserme ha presentato anche il libro dell’onorevole dal titolo “Il politomane”. Due proposte piuttosto diverse, seppure targate sempre M5s, con la seconda che lascia la giurisdizione ai militari.

A plaudire alla proposta di Del Monaco, se mai vi fossero stati dubbi, venti giorni fa è stata inoltre proprio la Trenta, ringraziando “infinitamente” il deputato-colonnello per quell’intervento, in cui ha coinvolto 22 colleghi. Si fa a questo punto difficoltà a capire quale sia la linea su un tema così delicato come quello dell’uranio impoverito, in cui da una parte c’è un reggimento di vittime che attende giustizia e dall’altro un gruppo compatto di alti ufficiali che cerca da tempo di schivare pesanti accuse. Un’amministrazione che la stessa ex titolare della Difesa definisce sulla vicenda “fredda e cinica”, salvo però plaudire a chi vuol lasciare ai freddi e ai cinici il potere di stabilire se i tumori che colpiscono i militari siano causati dal lavoro che hanno svolto in situazioni particolari nei Balcani. Per la Trenta nessuna incongruenza tra le due proposte di legge. Ha dichiarato che le piace di più quella del colonnello, ma che comunque il Parlamento “ora può prendere il meglio delle due”.