Tutto pronto per gli Stati generali dell’editoria. Ecco come si farà la più grande riforma di sistema. Il sottosegretario Crimi chiama i protagonisti del settore per dare più tutele dai giornalisti ai lettori

Intervista al sottosegretario con delega all'editoria Vito Crimi

Crimi. “Auguri. Sei anni di pubblicazione è un bel traguardo”. Pedullà. Grazie. Ma sapesse che fatica… “Non stento a immaginare. Tutta la stampa soffre, figuriamoci un nuovo giornale”. Ecco partiamo da qua. Come lo spiega che i quotidiani nati negli ultimi dieci anni in Italia si contino sulle punte di una mano, mentre non si tiene più il conto di quelli che hanno chiuso?

E qui il sottosegretario con delega all’editoria, Vito Crimi, uno dei portavoce più autorevoli dei Cinque Stelle, è così veloce a rispondere che neppure la mia penna, per quanto allenata, riesce a stargli dietro. D’altra parte questioni come il pluralismo dell’informazione, la dilagante distorsione delle notizie, la mangiatoia del finanziamento pubblico e in sottofondo un persistente senso di sfiducia in tutto quello che leggiamo, sono temi storici del Movimento. E adesso sta per partire una risposta a tutto questo, con l’avvio degli Stati generali dell’Editoria.

“Il fatto che in questi anni siano nati e si stiano facendo largo alcuni nuovi giornali, nonostante la crisi durissima del settore, è la prova che la domanda d’informazione non è affatto sparita. Molti prodotti tradizionali, però, danno la sensazione di essere realizzati in modo industriale, e così cedono spazio ad altri confezionati più artigianalmente. E che hanno una caratteristica in comune: sono pubblicati da editori puri, che pensano solo a dare risposte ai lettori e non a difendere interessi diversi, e magari inconfessabili”.

Comunque in tutta la filiera è un pianto. Dagli editori ai giornalisti fino ai lettori…
“E per questo ormai tra pochissimo partiranno gli Stati generali dell’editoria. Cioè un modello diverso, rispetto al passato, di affrontare i problemi, guardando alla crisi dell’informazione non a compartimenti stagni ma ragionando con tutti i soggetti coinvolti, comprese le edicole, gli stampatori, le agenzie di stampa, la strana tasca delle pubblicità e molti altri”.

Cosa chiede ciascuno di loro lo sappiamo già.
“Certo, ma gli Stati generali non saranno il solito cahiers de doléances, quanto un approccio scientifico alle questioni aperte. Il modello, che qui rivelo in parte per la prima volta, prevede il coinvolgimento di tutti coloro che sono interessati a qualunque titolo nel processo dell’informazione, dall’individuazione di una notizia fino all’ascolto. Saranno previste cinque macro aree tematiche: l’informazione primaria (quindi le agenzie di stampa), il giornalista (e quindi la libertà di chi scrive, i compensi e le tutele, il sistema professionale, la deontologia), l’editore (con aspetti che vanno dal pluralismo alla trasparenza sugli assetto proprietari, dal diritto d’autore alla distribuzione, ai poligrafici, i fotogafi, i blogger, la rete di vendita), il mercato (spaziando dall’innovazione alla concorrenza, sino ai centri media e le agenzie della pubblicità) e infine i cittadini, con il loro diritto prioritario ad essere informati e se possibile sempre di più coinvolti”.

Siamo nel periodo… posso dire che ci metterete una Quaresima?
“No, perché procederemo veloci e in modo molto schematico. Il primo step prevede la consegna delle osservazioni di ciascuno e durerà indicativamente un mese, durante il quale si svilupperà il dibattito e la condivisione pubblica. Poi si passerà al secondo momento, con una ulteriore sintesi e la consegna vera e propria delle proposte da parte di soggetti coinvolti, dentro un format molto breve, dove ci sarà spazio solo per il succo delle richieste. Anche questa fase non durerà a lungo, e quindi arriveremo rapidamente alla sintesi e al trasferimento di tutto questo lavoro dentro specifiche proposte di legge”.

Quando si parla di cantieri, la critica che oggi va di moda sui Cinque Stelle è che vi inventate ogni pretesto per fermarli. Non è che anche qui finisce così?
“Ecco, abbiamo tirato in ballo un perfetto esempio di fake news. Ma se nella mia brevissima esperienza di commissario alle aree terremotate sto spingendo perché si dia avvio con la massima velocità alle opere, anche con deroghe importanti? Comunque non mi sottraggo alla provocazione: quello dell’editoria è oggi in problema gigantesco e perciò faremo velocemente”.

Lo scontento è generale. Non solo tra gli addetti ai lavori. Una delle critiche più forti che si fa al Governo è che nel sistema dell’informazione non sia cambiato niente.
“Come no? Da una parte ci tirano le pietre perché un certo livello di disinformazione è rimasto uguale a prima e dall’altra ci linciano perché abbiamo occupato la Rai, che qualcuno è arrivato a definire Tele Visegrad. Si mettessero d’accordo”.

Sparo quattro pallottole. La prima: agenzie di stampa.
“Non conosco Paesi dove ce ne siano tante quanto in Italia. Qui siamo al classico caso in cui la richiesta degli editori non coincide in alcun modo col mercato. La soluzione è stata a lungo nell’affidamento di risorse dello Stato, magari attraverso selezioni dei fornitori che possono aver lasciato l’impressione di simpatie per qualcuno piuttosto che per qualche altro. Bene, a questo modello deve subentrare esclusivamente la scelta in base al miglior utilizzo delle risorse pubbliche”.

Finanziamento pubblico ai giornali.
“Adesso la legge c’è. Personalmente e come Movimento Cinque Stelle avrei proceduto con maggiore velocità rispetto ai tagli previsti, ma alla fine nel dibattito all’interno del Governo è prevalsa la gradualità. Arriveremo però dove vogliamo: basta con gli abusi del passato”.

Internet e lotta alle fake news.
“Su questo facciamo chiarezza. Le vere bufale oggi non sono sulla rete ma sui giornali tradizionali, persino in quelli blasonati. Il lettore che si informa sul web o sui social network ha immediatamente davanti a se la possibilità di fare un fact-checking delle notizie, mentre chi sfoglia un quotidiano deve prendere per buono quello che legge prima di poter riuscire a informarsi meglio. Il diritto di replica è un tema che sarà affrontato, così come la possibilità di certificare la serietà di chi scrive anche in rete a proposito di temi sensibili quali la salute. Attenzione: non sto parlando di censura, ma di avvertire il lettore. Mi pare interessante in tal senso la certificazione del profilo che c’è già adesso sui social”.

Precarietà del lavoro giornalistico.
“È un tema centrale, perché la serenità di chi scrive è la precondizione per un lavoro libero, e perciò utile a una vera consapevolezza dei lettori. Gli editori dicono che i contratti giornalistici sono troppo onerosi e ormai distanti dai loro attuali ricavi. Vedremo cosa emergerà dagli Stati generali, ma l’accordo appena raggiunto tra Fnsi e Uspi ad esempio mi pare indicativo, in quanto si concentra sulla necessità di tutelare i giornalisti con contratti stabili, e ne salvaguardia i posti di lavoro”.

Nell’esperienza di un giornale come La Notizia, è stato duro difenderci dalle cause, spesso temerarie. Il problema è generalizzato, tocca editori e giornalisti, ma anche chi si trova a giudicare, in molti casi senza riferimenti sulle pene da applicare. Un Far West, dove uno stesso articolo in un tribunale è ritenuto diffamatorio e in un altro esemplare diritto di critica.
“Ho vissuto in prima persona situazioni simili, e nella storia del Movimento Cinque Stelle ci sono attivisti che hanno dato. Sinceramente credo che tutti i cittadini debbano avere il diritto di essere tutelati dalla diffamazione, ma questo non può essere uno strumento di pressione lasciato in mano a chi ha potere economico e politico. Agli Stati generali si discuterà sulla possibilità di differenziare in qualche modo l’azione legale mossa da un semplice cittadino rispetto a quella di una grande società o di chi ha forti poteri”.

E con l’Ordine professionale che si fa?
“Gli operatori stanno facendo da sé. Guardiamo la vicenda dell’Inpgi che adesso pretende che anche i comunicatori si iscrivano, facendo passare il concetto che possono ottenere le tutele dei giornalisti anche coloro che non sono iscritti all’ordine. Quindi di fatto superando lo schema che giornalista coincide solo ed esclusivamente con l’iscrizione all’ordine dei giornalisti. Certi schemi si stanno superando da soli. Agli Stati generali ne vedremo delle belle”.