Una tv che non cambia mai. Perfetta per il Paese immobile. Viale Mazzini presenta oggi i palinsesti d’autunno. Tra solite facce e persino il ritorno di vecchie glorie

Dopo essere stati oscurati per anni, da qualche mese le televisioni e i talk show di attualità politica si sono accorti della Notizia, e quindi mi capita piuttosto spesso di esserne ospite. Si tratta di una cosa importante per questo giornale, che può farsi conoscere da un pubblico più vasto, ma ancora più importante per i cittadini che possono sentire una campana chissà come mai molto diversa da quella della stampa mainstream. Mai e poi mai dimenticherò che tale visibilità è merito dei nostri lettori, che hanno protestato e si sono fatti sentire, per quanto proprio chi dovrebbe offrire il servizio pubblico se n’è beatamente fregato, al contrario de La7, Mediaset e SkyTg24.

Da quando ci sono i nuovi direttori di Tg1, Tg2 e Tg3 mai una sola volta La Notizia è stata invitata in un qualunque loro strapuntino, con la sola eccezione della movimentata Agorà su Rai3. Evidentemente non ne siamo all’altezza e mai ci permetteremmo di sindacare le libere scelte di colleghi direttori o di mostri sacri come Vespa, Fazio o Mannoni. In Italia i giornali chiudono, compresi quelli con il finanziamento pubblico, e appena un paio invece si fanno largo, ma questo per i mostri di cui sopra è irrilevante, anche perché le loro liste di ospiti politicamente monodirezionali sono datate e rassicuranti.

Così può andare in scena il racconto che si vuole, e gli italiani si appiccicheranno in testa che il nostro Governo è talmente pippa che si è isolato nel mondo, malgrado Putin si presenti a Roma, abbiamo firmato gli accordi della Via della seta con Pechino e Trump abbia espresso il massimo apprezzamento per Conte, tralasciando che persino il vicepremier Salvini entri ed esca dalla Casa Bianca. Per lo stesso principio, gli incompetenti con Di Maio in testa hanno peggiorato l’economia, e anche qui pazienza se si è raggiunto in appena un anno il massimo degli occupati dal 1977 a oggi, ci sono persone invisibili prima di prendere il Reddito di cittadinanza e invisibili anche adesso che ce l’hanno, visto che nessuno ne parla, con la differenza che almeno ora possono permettersi un pasto e il diritto di chiamarsi cittadini.

Lasciamo perdere poi il crollo verticale del precariato, pietra angolare di uno Stato che si renda conto sul serio e non a chiacchiere che la denatalità è un enorme problema, se non altro per la tenuta del nostro sistema della previdenza e del welfare. Di queste e altre questioni mi trovo dunque a parlare nelle trasmissioni tv, quasi sempre fortemente contestato da opinionisti che già un anno fa davano per certificata l’imminente caduta del Governo, e invece di prendere atto che non ci hanno capito nulla, rilanciano e spacciano per analisi politiche quello che in realtà è solo i loro desiderio di veder cadere l’Esecutivo che ha mandato all’opposizione i vecchi partiti di cui soffrono terribilmente la mancanza.

LA SCELTA DEI TEMI. A rassicurarli, d’altra parte, c’è che i Cinque Stelle hanno perso una montagna di voti, e di questo passo sono tutti convinti che faranno presto una brutta fine e nessuno si ricorderà nemmeno di come siano saltati fuori, arrivando a prendersi il timone del Paese. Il saccheggio dello Stato, i privilegi, decenni di spese folli che ci hanno lasciato in mutande, le ruberie e tanto altro sono diventati un argomento fuori moda, ormai irrilevante per un sistema dell’informazione che non solo è rimasto tale e quale a prima, ma con lo strombazzato cambiamento del Governo gialloverde è persino cambiato in peggio, come avremo conferma oggi con la presentazione dei palinsesti Rai.

Lasciamo perdere i giornali che prendevano milioni di euro di finanziamento pubblico e continuano a prenderli, lasciamo le tv commerciali che in casa loro fanno quello che credono (e non ci stupiamo se costruiscono un’autostrada per Salvini parlando a ogni ora solo di migranti e Ong), lasciamo stare il sacrosanto diritto di ciascuno di criticare e di farlo con chi governa in particolare, ma se guardiamo almeno la Rai qui è indifendibile che non cambi assolutamente niente, i Vespa, gli Augias e persino Fazio restino tutti al loro posto, al massimo trasferendosi di canale. Tutto è immutato come sempre, e se non bastasse si richiamano pure in campo le vecchie glorie, come Maurizio Costanzo e Giovanni Minoli.

INDIGESTI PASTONI. Chi racconta il Paese e come lo si racconta sono sempre una stessa musica, con casi che fanno davvero incazzare, come il Tg1 rimasto agli identici pastoni politici della prima Repubblica, con tot secondi a testa per ciascun partito e la sola differenza che in quei secondi ora sentiamo pure che ha da dire un esponente Cinque Stelle. Invece di cambiare modello si è entrati nel modello, e insomma alla fine tutto è rimasto uguale a prima, come l’occupazione del potere che la Lega ha esercitato “benedicendo” il biografo di Salvini alla conduzione di Uno Mattina o la fattura di un Tg turbo leghista sulla Rete2, mentre i Cinque Stelle hanno fatto i padri nobili e lasciato a un insolito destino ogni casella di loro competenza, compresa quella di un direttore generale che ha difeso per settimane la pretesa del presidente Foa (indicato dalla Lega) di tenere per se una doppia poltrona in RaiCom.

Ecco, se a qualcuno venisse da chiedersi perché i Cinque Stelle hanno perso voti, o più pragmaticamente perché si parla solo di immigrati e non degli altri problemi e dei cambiamenti che servono al Paese, la risposta sta anche qui. E pazienza se questo nuocerà inevitabilmente ai 5 Stelle. Quello a cui nuocerà più gravemente sarà la possibilità del nostro Paese di aprire anche le menti a un futuro che oggi rimane raccontato e rappresentato da facce in onda da decenni, grazie al sistema di potere più antico del mondo.