Unicredit la banca che sbanca

Di Sergio Patti

La crisi morde anche le banche. Ma i risultati presentati ieri da Unicredit fanno ben sperare sui target fissati dall’istituto per il 2014. I risultati “ci avvicinano all’obiettivo di circa 2 miliardi di utile netto per quest’anno, diventato più sfidante alla luce della modifica dell’imposta sulla valutazione della quota in Banca d’Italia, non inclusa nelle nostre previsioni”, ha ammesso Federico Ghizzoni, numero uno di UniCredit, commentando i conti del trimestre. “I risultati positivi di questo trimestre confermano – ha detto – la buona performance commerciale del Gruppo, malgrado un quadro macroeconomico ancora incerto”. La banca chiude così con un rotondo +37,8%, a 1,1 miliardi nel primo semestre, di cui 403 milioni nel secondo trimestre. Un dato sopra le attese.

Conti solidi
UniCredit si conferma così una delle banche più solide nel sistema europeo, con una diversificazione geografica che “si conferma un punto di forza. L’Italia mostra un utile netto in crescita e i nuovi crediti erogati sono in aumento di oltre il 50% rispetto al primo semestre 2013, a testimonianza del nostro impegno a sostenere l’economia reale”. Il consensus di mercato sull’utile netto di UniCredit nell’intero 2014 è di 1,89 miliardi. Le attività di banca commerciale di UniCredit in Italia hanno chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 600 milioni (+16,6% trimestrale, +28% annuo). I ricavi migliorano (+1,3% trimestrale) e i costi registrano una significativa riduzione (-5% trimestrale) in linea con gli obiettivi del Piano strategico. Il gruppo può dunque permettersi di valutare con calma le eventuali cessioni. O addirittura di non cedere gli asset ritenuti strategici, come Pioneer. “Non la venderemo”, ha detto Ghizzoni secondo cui oggi è possibile accelerare la crescita della società guardando a potenziali partner. Pioneer, colosso del risparmio gestito controllato al 100% da UniCredit, se dunque verrà in parte ceduta, conserverà una forte presenza di UniCredit nel controllo.

Il Pil allarma
”Non c’è nessun bisogno, né motivo per rivedere il piano industriale alla luce del dato che uscirà” domani (oggi, ndr) sul Pil italiano, ha poi commentato Ghizzoni soffermandosi sull’andamento del quadro macroeconomico in Italia rispetto ai parametri sui quali si basa il piano industriale al 2018 in corso. “Ci aspettiamo un dato Istat piatto – ha continuato Ghizzoni – tra -0,1% e +0,1% e questo vuol dire chiudere l’anno con un +0,2-0,3% di crescita. Nel nostro piano industriale abbiamo un +0,5% per il primo anno ma la stima sui cinque anni del piano sulla crescita italiana è molto prudenziale, inferiore all’1% ogni anno” mentre “ancora oggi il consenso di mercato è di un +0,8% di media. Anche se in rallentamento rispetto alle previsioni di inizio anno, il consenso di mercato prevede ancora un +1% nel 2015 e sopra l’1% nel 2016”.