Un problema di cui, forse, troppo poco si parla, nonostante – come fa sapere la Faegn (Associazione Figli Adottivi e Genitori Naturali) – coinvolga ben 400mila cittadini italiani, molti di loro oggi riuniti in associazioni e gruppi che lottano da anni per vedere riconosciuto il diritto alle origini. E di questo si parlerà domani a Torino nel convegno “Nuove prospettive del diritto alle origini. Tra diritto, politica, vita vissuta“.
Lo Stato fa spallucce – Una questione, quella del diritto alle origini, che dimostra, ancora una volta, la negligenza del nostro Parlamento dinanzi a un problema capitale per tanti cittadini. Non è un caso che il 18 giugno 2015 la Camera ha anche approvato un disegno di legge in materia di accesso alle origini da parte del figlio non riconosciuto alla nascita. Peccato però che dal 19 giugno 2016, tale disegno di legge sia scomparso dai radar istituzionali: trasmesso al Senato, è ancora in attesa di approvazione.
E tutto questo nonostante ci siano sentenze che indicherebbero la via maestra. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 278/13, nella quale è stato dichiarato illegittimo l’art. 28 della legge 184/83, nella parte in cui non prevedeva modalità attraverso le quali assicurare ai figli non riconosciuti, il diritto di acceso alle informazioni sulle proprie origini, è stato prevista la possibilità, per il giudice, di interpellare, su istanza del figlio, la madre di nascita per una eventuale revoca dell’anonimato. Tale sentenza, si pone in linea con la pregressa normativa europea e con le norme attualmente vigenti in molti altri Paesi europei in materia di diritto alle origini. La Corte Costituzionale precisa inoltre che: “Sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo, agli effetti della verifica di cui innanzi si è detto.”
Sentenze difformi – Come se non bastasse, nell’ultimo periodo alle molteplici istanze presentate dai figli adottivi ai diversi Tribunali di Italia, questi ultimi hanno risposto in modo difforme tra loro. In alcuni Tribunali, è stata accolta l’istanza e si è proceduto con un interpello, in altri, l’istanza è stata sospesa in attesa della legge. Legge che, però, come detto tarda ad arrivare.
Di particolare rilievo, è infine la sentenza a sezioni unite della Corte di Cassazione del 25 gennaio 2017, n. 1946. In tale sentenza, si enuncia principio di diritto nell’interesse della legge per cui: “In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna (…)”.
