Non solo Dibba e Patuanelli. C’è pure Morra per il dopo Di Maio. Il presidente dell’Antimafia già studia da leader. Ma dopo le Regionali è rottura tra i grillini calabresi

L’accusa è di quelle pesanti e arriva da una fonte qualificata del Movimento cinque stelle calabrese: “Il dubbio è che Nicola Morra ha remato volutamente contro alle elezioni regionali: ha messo i bastoni tra le ruote al candidato governatore Francesco Aiello dicendo apertamente che non l’avrebbe votato, per affossare anche in Calabria il Movimento, così da lanciarsi al posto di Luigi Di Maio”. Il riferimento è alle parole di Morra che, dopo la notizia della parentela di Aiello con un ex ‘ndranghetista (il cugino, morto cinque anni fa e con cui Aiello non ha mai avuto rapporti), aveva chiaramente detto che quello non era il suo candidato.

Al di là delle voci – per quanto autorevoli – è un fatto che la posizione di Morra a tanti pentastellati non è piaciuta (lo stesso Paolo Parentela, dopo la batosta in Calabria, aveva commentato: “Con i colleghi rimasti in trincea ci prendiamo le nostre responsabilità, che devono assumersi anche quei parlamentari calabresi del Movimento che hanno disertato la campagna elettorale, a volte con motivazioni individualistiche, pretestuose e fuori contesto”). E molti hanno pensato che una scelta così forte abbia la sua origine nella decisione di remare contro un candidato “benedetto” da Di Maio così da sancire, semmai ce ne fosse stato bisogno, la fine di quella leadership.

LE SIRENE. Voci, certo. Solo e soltanto voci. Ma che rendono conto di un clima tutt’altro che sereno all’interno del Movimento cinque stelle e in vista degli Stati generali – che si terranno dopo il referendum costituzionale sulla riforma taglia-parlarmentari del 29 marzo – che dovrebbero sancire un rinnovamento profondo della forza politica pentastellata. C’è, tuttavia, una particolarità: per adesso nessuno avanza chiaramente alcuna candidatura, tutti tacciono e preferiscono muoversi nel silenzio. Così Morra, così – a quanto si dice – anche Alessandro Di Battista, il quale stranamente nulla ha detto dopo le batoste collezionate in Emilia Romagna e Calabria, e nulla ha detto dopo le dimissioni da capo politico di Di Maio.

Secondo voci parlamentari, Di Battista starebbe ragionando sul da farsi: è tanta la voglia di rimettersi in gioco, magari da leader. Ma tempo ne è passato e candidarsi ora potrebbe non raccogliere le adesioni che “Dibba” avrebbe raccolto un tempo. In più ci sono le sirene allettanti di Gianluigi Paragone che vorrebbe coinvolgere – non ne ha fatto mistero in questi giorni – nel suo nuovo progetto politico anche Di Battista. Soprattutto: l’ex deputato sa bene che chi ora è felice e contento dell’alleanza con il Pd ostacolerebbe in tutti i modi possibili la sua ascesa, essendo lui sempre stato contrario a un’intesa con il partito di Nicola Zingaretti. Non manca, però, chi spera che la leadership finisca in mani “governiste”.

Un’ipotesi caldeggiata non da pochi parlamentari e che vedono nel ministro Stefano Patuanelli la carta vincente: affidabile, presentabile e leale. “Molti dem – dice una fonte parlamentare – stanno spingendo sia su di lui sia sui pentastellati affinché alla fine si trovi in lui il successore di Di Maio”. Per ora, tuttavia, Patuanelli allontana le voci di un suo futuro come leader, ma in tanti confermano che il suo nome nei corridoi di Camera e Senato comincia a circolare con una certa insistenza, quasi come se la sua candidatura fosse ormai cosa fatta. Ad allontanare le voci di una sua “discesa in campo” è anche Chiara Appendino: la sindaca di Torino ha detto chiaramente di non essere interessata. Ma non è peccato guardare a vista quel che succede. Tempo per gli Stati generali, in effetti, ancora c’è.