Critiche da chi ammicca a Orban. Gli atti di Conte sono legittimi. Parla il costituzionalista Ceccanti, deputato del Pd: “Allarme immotivato, non c’è alcuna deriva democratica”

In mezzo alle mille difficoltà create dall’emergenza coronavirus, che ha precipitato l’Italia in una tremenda crisi sanitaria ed economica, indubbiamente nella situazione peggiore dalla nascita della Repubblica, da giorni piovono strali sul Governo. L’esecutivo giallorosso viene accusato di non fare abbastanza per sostenere famiglie e imprese ormai ridotte allo stremo e di mostrare di non saper gestire correttamente la cosiddetta fase 2, quella della ripartenza.

E tra le accuse più velenose ci sono quelle sulla presunta incostituzionalità dei Dpcm, additando il premier Giuseppe Conte come l’uomo solo al comando che si sarebbe preso poteri che non ha oltrepassando i confini della Carta. Abbastanza per paventare con cadenza quotidiana una imminente caduta del Conte bis, aprendo magari le porte a un governo di unità nazionale utile a rianimare i sovranisti che dopo tanti consensi stanno ora collezionando una batosta dietro l’altra. Battaglie condotte senza esclusione di colpi mentre l’Italia ha bisogno di sforzi enormi per cercare di risollevarsi dallo stato in cui si trova a causa della pandemia.

Onorevole Stefano Ceccanti, da giorni si sta discutendo su eventuali profili di incostituzionalità sui Dpcm varati dall’inizio dell’emergenza coronavirus. Pensa anche lei, che oltre ad essere un deputato è un costituzionalista, che vi siano state violazioni della Costituzione? Ritiene che il Presidente del consiglio, Giuseppe Conte, abbia fatto delle forzature?
Non ritengo che il costituzionalismo allarmistico sia motivato. Durante la fase 1 sono emerse alcune criticità che sono state risolte dopo pochi giorni con il decreto 19 che riordina le fonti del diritto. L’allarmismo, invece, fa rilevare problemi anche giusti ma li colloca in chiavi di lettura complessive non convincenti, gridando frequentemente alla deriva antidemocratica e così via. Ma non siamo né in Polonia né in Ungheria, su cui invece alcuni allarmisti sono disposti a transigere.

Nessun rischio dunque, a suo avviso, che si stia andando verso i cosiddetti pieni poteri?
Più che pieni poteri temo una logica inerziale sbagliata per cui anche se si dichiara che la fase 2 è diversa si continua ad operare come nella 1 per i rapporti tra Parlamento e Governo. Se la fase è cambiata, bisogna progressivamente ritornare alla fisiologia secondo la quale in una forma parlamentare nessuna questione rilevante può eludere il controllo parlamentare.

Come giudica a questo punto l’intervento del senatore Matteo Renzi, che ha dato al premier Conte una sorta di ultimatum sul tema? L’ex premier sembra pronto a dire addio alla maggioranza.
Non ho seguito il dibattito al Senato, dico solo che se il Governo pensa nella fase 2 di procedere come nella fase 1 fa anzitutto del male a se stesso perché ha bisogno del controllo costante del Parlamento che in una situazione così complessa come è quella dello sblocco complessivo può aiutare a evitare errori.

A suo avviso dunque il Governo ora come dovrà procedere e quale dovrà essere d’ora in poi il giusto coinvolgimento del Parlamento?
Il Governo ha giudicato troppo rigido il rimedio che avevo proposto di inviare i Dpcm in Parlamento per una settimana, per un parere non vincolante, prima di farli entrare in vigore. A questo punto se non lo condivide spero che si assuma l’onere di fare lui una proposta, dal momento che sembra non negare in termini di principio l’esigenza di un maggiore controllo del Parlamento.