Pale eoliche e fotovoltaico selvaggi. C’è lo zampino del solito Cingolani. Spunta una norma che rinvia la stretta sugli impianti. Così le aziende potranno aggirare i vincoli paesaggistici

Pale eoliche e fotovoltaico selvaggi. C'è lo zampino del solito Cingolani. Spunta una norma che rinvia la stretta sugli impianti.

Pale eoliche e fotovoltaico selvaggi. C’è lo zampino del solito Cingolani. Spunta una norma che rinvia la stretta sugli impianti. Così le aziende potranno aggirare i vincoli paesaggistici

Un aiutino ai colossi delle energie rinnovabili, senza troppa attenzione alla tutela del paesaggio e alla biodiversità. E con il rischio che l’Europa possa ulteriormente irritarsi di fronte al comportamento negligente del governo italiano, dopo aver già inviato una lettera di messa in mora per le mancanza di adeguate risposte sulla questione. Tanto che i deputati della componente L’Alternativa ravvisano addirittura “il concreto rischio di sospensione dell’erogazione delle prossime tranche del Recovery PlanTransizione verde”, con l’arrivo di un “deferimento alla Corte di Giustizia europea”.

SENZA FRETTA. Un potenziale patatrac inserito tra le pieghe di uno schema di decreto legislativo del ministero della Transizione ecologica, scritto proprio per il recepimento di una direttiva europea sulla materia, e sottoposto al parere della Commissione Ambiente e Attività produttive della Camera. Poche righe che suonano come un favore alle aziende più importanti del settore. Come? Dilatando i tempi sulla predisposizione di regole chiare e che possano circoscrivere con esattezza i terreni su cui piantare pale eoliche o pannelli fotovoltaici.

E sfidando l’annesso pericolo di finire bloccati tra ricorsi incrociati. Il testo, proposto dal ministro Roberto Cingolani (nella foto) in accordo con Palazzo Chigi, è stato approvato dalla commissione a Montecitorio, senza nemmeno valutare la controproposta presentata dai deputati de L’Alternativa C’è, Leda Volpi e Andrea Vallascas, che ne hanno sottolineato le possibili storture. Sta di fatto che il decreto prende altri sei mesi di tempo per l’emanazione di un ulteriore decreto necessario a individuare “principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili”.

Cosa si cela dietro questa espressione? La possibilità di inserire pale e pannelli con maggiore facilità, senza vincoli ben definiti. “Si prendono altri sei mesi, a cui si aggiungono sei mesi per l’iter nelle Regioni, per emanare le linee guida chieste dalla direttiva europea”, dice Volpi a La Notizia. “Questo significa che continuerà il far west in cui i colossi delle rinnovabili potranno piazzare parchi eolici e distese di pannelli fotovoltaici altamente impattanti ovunque, anche deturpando il territorio e il patrimonio culturale”, fa eco Vallascas.

La preoccupazione monta, poi, sulle possibili ricadute per le risorse del Pnrr. Il motivo è la mancanza del governo, e in particolare del Mite, dell’indicazione delle aree idonee all’installazione di impianti per le rinnovabili. “Non solo Cingolani lascia seminare gigantesche pale eoliche su territori che andrebbero esclusi per mantenere la loro bellezza paesaggistica e culturale – incalza Vallascas – ma rischiamo di perdere svariati miliardi di euro”. Il tutto sotto silenzio.

“È triste – aggiunge Volpi – che questo argomento passi in sordina. In Italia continua a mancare la programmazione, anche in materia ambientale, nonostante il ministero possa avvalersi del supporto di Ispra ed Enea. Così recepiamo una direttiva europea senza chiedere quello che voleva fare l’Europa”. C’è, poi, un ulteriore intoppo ravvisato dall’opposizione. Lo schema di decreto prevede di inserire le aree agricole inutilizzabili, senza ulteriore qualifica, come superfici in cui privilegiare l’installazione degli impianti. Ma c’è un problema: queste aree potrebbero avere un’importanza per la conservazione della biodiversità.